«In America? I curatori sono le vere star dei musei. In Italia non è assolutamente così. La causa, secondo me, risiede nel fatto che l’Italia è la principale culla del patrimonio artistico dell’umanità: qui tutta l’arte parla da sé».
Così Giorgio Chinea, amato artista e dandy padovano, ha descritto le difficoltà che ha incontrato nella sua carriera come curatore d’arte.
Per lui questa figura funziona ovunque a livello europeo e internazionale, ma non in Italia.
Ma cosa significa curatela e in cosa consistono le pratiche curatoriali?
Il curatore d’arte è una figura lavorativa che, nel mercato artistico, si occupa degli aspetti organizzativi di un’esposizione artistica. E’ il curatore a scegliere le opere da catalogo che possono essere esposte, è lui che sceglie la location per l’evento, che fa promozione, che cerca i finanziatori, sponsor, enti patrocinanti, istruisce il personale, insomma è un lavoro a 360 gradi che si muove dietro le quinte.
È un lavoro nascosto, che a differenza di quello dell’artista esposto, qui in Italia come sottolinea Giorgio Chinea, non fa star system -quindi è più difficile camparci.
Il curatore o la curatela d’arte possono essere distinti in due categorie. I curatori istituzionali che solitamente lavorano su committenza di circuiti museali, gallerie, istituzioni, fondazioni e associazioni. Di norma sono più tutelati. E i curatori freelance che, essendo indipendenti, devono riuscire a costruirsi da zero una loro nicchia di mercato, il loro giro di artisti, opere, luoghi per l’esibizione e di conseguenza soffrono maggiormente la mancanza di riconoscimento sociale e professionale della figura della curatela contemporanea.
Giorgio Chinea, che ha studiato pratiche curatoriali a Milano, è stato a lungo un curatore indipendente, prima di aprirsi anche alla carriera da gallerista con la Giorgio Chinea Art Cabinet di Vicolo Pedrocchi, scelta dettata da un’esigenza: voleva assicurarsi che la sua passione per l’arte rimanesse un lavoro.
Il gallerista e il curatore infatti non sono la stessa cosa, sono due professioni diverse. Il curatore cura artista, opere e location. Più sono importanti e noti questi tre elementi, maggiori sono le sue speranze di avere notorietà. Il gallerista indipendente invece ha un suo spazio espositivo.
Se si pensa alla storia dell’arte, ci si rende conto che i mecenati e le loro ville in passato erano le realtà che più si avvicinavano al concetto di galleristi e gallerie, che sono un fenomeno recente, dell’Ottocento, ma ad oggi assolutamente fondamentale.
In passato anche la committenza aveva una rilevanza diversa, i nobili o addirittura il Papato potevano richiedere la realizzazione di un quadro o un affresco, la carriera ecclesiastica era anche la scorciatoia più diffusa per diventare poeti e scrittori dediti al solo ozio letterario e in generale l’arte aveva un peso maggiore.
In realtà, come per la figura del curatore, anche per il gallerista bisogna fare una distinzione tra pubblico e privato. Una galleria d’arte pubblica, in genere, è parte di un museo, si finanzia con fondi pubblici o sponsor. Questo tipo di galleria in realtà è nota quasi a tutti: si paga il biglietto all’entrata e si compra nel negozio di souvenir la calamita all’uscita.
Le gallerie private invece, solitamente, organizzano mostre ed eventi gratuiti: la loro prima finalità è infatti promuovere gli artisti esposti e vendere le loro opere.
L’arte contemporanea, anche a Padova, ha bisogno di curatori, galleristi e artisti. Olga Amendola è una figura ibrida che, da brava comunicatrice, in realtà sa fare un po’ tutto, ma l’amore per l’arte resta il suo motore.
Lei stessa ci ha confidato che l’arte è la chiave per un’esistenza felice: «L’uomo vive per l’arte, la poesia, la letteratura, la filosofia. Quando racconti un’opera d’arte o un’artista ti immergi in un mondo che non c’è, cammini dentro quel momento, lo vivi, abbracciata da molte discipline ancelle, necessarie se si vogliono capire opere e artisti. E mentre sei in questo mondo che spazia dalla filosofia, alla moda, alla letteratura, in realtà ti trovi davanti a un quadro, e cerchi di spiegarlo». Olga oggi ha in attivo molti progetti e lavora come gallerista per MAG – More than an Art Gallery – in Piazzetta Giuseppe Bussolin.
La piazzetta che accoglie MAG, prima del makeover, era sinonimo di degrado, un luogo deserto, ma che poteva essere recuperato. Il progetto culturale “Padova Urban Gallery” del 2016, ad opera di Ennio Doris, ex fondatore e presidente di Mediolanum, banca a firma del progetto, ha dato un nuovo volto a questo luogo, trasformandolo dalle radici utilizzando solo due ingredienti: arte e modernità.
«Noi siamo nati qui come realtà e vogliamo fare di Padova la nostra personale capitale, avremmo potuto realizzare la nostra sede in una via di lusso, e invece noi vogliamo portare la bellezza dove non c’è. Poi vogliamo aiutare gli artisti, i nuovi artisti, perché quello che oggi sembra di nicchia domani non lo è».
A distanza di 7 anni piazzetta Bussolin è arte, uno dei luoghi più anomali di Padova ma che grazie a Banca Mediolanum, MAG e il gusto di Olga Amendola – una esplosione Contemporanea e Pop – si è trasformata da luogo deserto alla sede di un’ imponente collezione patrimonio della città.