Nella maggior parte dei casi, quando una donna si ammala o rischia di ammalarsi di cancro al seno, questo le viene asportato chirurgicamente tramite mastectomia. Il breast cancer è una piaga per il fiocco rosa: rappresenta il 41% di tutti i tumori femminili nelle donne sotto i 50 anni, il 35% tra le donne di età compressa tra i 50 e i 69 anni e il 22% nelle donne over 70.
«Mia madre è morta a 56 anni dopo aver lottato contro il tumore per dieci anni. Hanno scoperto che anche io avevo il suo stesso gene difettoso, il Brca1. Il medico per me aveva stimato un rischio di cancro al seno di circa l’87% e di cancro alle ovaie del 50%».
La genetica non risparmia nessuno, neanche Angelina Jolie, che tra il 2013 e il 2015 si è sottoposta a una doppia mastectomia e una ovariectomia preventiva per scongiurare l’eventualità di essere colpita dalla malattia.
Quando si ha un cancro al seno gli scenari di pericolo si moltiplicano. In pochi sanno che questo tipo di malattia porta con sé la concreta possibilità che vengano asportati i linfonodi dell’ascella. E’ un’informazione medica che in pochi hanno: i medici o gli addetti ai lavori conoscono questi organi filtro che aiutano a drenare il corpo, il pubblico invece ne è ignaro.
La rimozione dei linfonodi non è una passeggiata, c’è un elevato rischio che dopo si gonfi il braccio. Questa controindicazione si chiama linfedema. Dopo la rimozione dei linfonodi, i vasi linfatici non drenano più adeguatamente la linfa, il liquido non circola ma ristagna, inizia ad accumularsi causando un gonfiore del braccio.
Chiara Bertocco, fisioterapista specializzata in linfologia e riabilitazione senologica/oncologica, ci ha raccontato che esistono dei cicli di terapia per questa controindicazione: il metodo più efficace per la decongestione degli arti è il bendaggio multistrato, una procedura medica i cui effetti vanno supportati, successivamente, con l’aiuto di un tutore o l’uso di una manica elastica.
Il tumore non è un argomento facile, le informazioni mediche circolano a fatica e in generale non se ne parla volentieri. Il cancro al seno è un tabù rosa di cui non si parla.
Possibili cause, fattori genetici, modalità di prevenzione, operazioni, controindicazioni, effetti psicologici sulla mente. Sono scenari trattati con nebulosità. Soprattutto tra le giovani donne, non esiste un dibattito aperto per l’argomento e questo è già di per sé un rischio.
Il Ministero della Salute propone screening per la diagnosi precoce del tumore mammario alle donne di età compresa tra i 5o e i 69 anni, eseguendo una mammografia ogni 2 anni. La prevenzione del tumore al seno dovrebbe però già cominciare intorno ai 20 anni, con controlli annuali da effettuarsi presso uno specialista senologo: mammografie o ecografie si possono iniziare più tardi. Diagnosticare precocemente è sempre meglio che curare, a maggior ragione quando le statistiche dicono che il tumore del seno colpisce una donna su otto.
Alcuni personaggi pubblici, tra cui Angelina Jolie, hanno aperto una discussione sull’argomento partendo dal loro stesso corpo.
Le cicatrici sono qualcosa che si può mostrare, far vedere agli altri. Quando si è fortunati sono simbolo di vittoria sulla malattia e quando si è ancora più fortunati anche la donna colpita da tumore le interpreta come tali.
Il peso psicologico e i risvolti sulla mente di questa malattia sono un altro argomento tabù. Lo stato emozionale, invece di essere un argomento centrale, è troppo spesso ignorato come se i problemi della mente fossero problemi di serie B.
La dott.ssa Alessandra Graziottin, fondatrice dell’omonima Associazione, nell’ambito psicosessuale parla dell’impatto del tumore e della terapia oncologica sull’immagine corporea e sulla sessualità. Con che occhi si guarda allo specchio una donna operata di cancro al seno? Con che spirito si approccia alla sessualità?
Tra le considerazioni della dottoressa risuonano le sue delucidazioni a tema di desiderio, eccitazione mentale e genitale, capacità orgasmica, soddisfazione e relazione sessuale.
Questi argomenti sono ai più sconosciuti, non c’è consapevolezza del fatto che le persone con un tumore, oltre a dover sopportare la minaccia di morte comunque legata alla malattia, possano avere difficoltà nell’ambito psicosessuale.
La terapia psicologica e sessuologica invece sono due elementi cardine. Dopo un tumore il corpo può essere amato, ma può essere anche odiato profondamente…
Per immagine corporea si intende l’immagine che creiamo del nostro corpo nella mente. E’ una percezione personale con la quale giudichiamo il nostro aspetto fisico sia a livello di pensiero, sia a livello emotivo. Pensieri e sentimenti negativi riferiti al proprio corpo, oltre a condurre ad un’insoddisfazione con se stessi, possono essere indice di alcuni disturbi tra cui la dismorfofobia o il disturbo dell’immagine corporea…pericoli noti alle donne ma che una diagnosi di tumore al seno possono appesantire.
Il corpo femminile è da sempre sotto giudizio: le donne giudicano il proprio corpo e anche gli altri...
Come nel caso di Angelina Jolie, mostrare le cicatrici al seno diventa un atto di lotta per sdoganare un tabù. Non c’è difetto, non c’è vergogna, nulla che si debba nascondere. Un messaggio d’amore verso altre donne che, spesso troppo sole, affrontano le conseguenze psicologiche del tumore al seno.
Centrarsi nuovamente nella propria identità femminile può essere un percorso lungo, non a caso si parla di “trauma da mastectomia”. L’amore verso sé stessi, la terapia, il sostegno dell’altro possono ricostruire le basi per la serenità e il benessere mentale e con il proprio corpo-mente.
Il corpo dopo il tumore resta un corpo, non va nascosto, meriterebbe anzi una maggiore rappresentanza, anche nei media. Il tabù del tumore al seno non va alimentato, l’informazione medica e le voci femminili sono quel grimaldello in grado di scardinare i preconcetti e portare ad un cambiamento concreto.