Radici Terra e Gusto
(Andrea Valentinetti)

L’abilità di saper costruire un viaggio culinario è fonte di indiscutibile fascino. Il rapporto che instauriamo con chi ci guida nel seducente mondo dei sapori è strettissimo: non solo piacere, non solo fantasia, ma fiducia. Il progredire infinito della tecnica e la sempre più fantasiosa audacia spingono tutti i settori ad espandere i loro iniziali confini, volgendo lo sguardo ad un futuro sempre più innovativo. Tuttavia, l’arte di saper intrecciare saldamente passato e futuro è di innegabile utilità nel fornire al cliente un’esperienza completa. Andrea Valentinetti – chef di Radici Terra e Gusto – ci ha guidati nel suo mondo, raccontandoci la sua storia e il suo amore per la cucina.

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Sono Andrea Valentinetti, sono nato a Venezia nel freddissimo gennaio del 1985. Ho sempre vissuto a Padova, dove ho studiato alla scuola alberghiera di Abano. Da quel momento ho iniziato a lavorare per locali storici come Caffè Breda, Caffè Cavour, La Montecchia e Le Calandre. Poco dopo mi sono trasferito a Milano, dove ho lavorato alla Cracco – Peck: quella è stata la prima vera esperienza di “gastronomia italiana”, costruita sulle solide basi dei prodotti di nicchia e d’eccellenza. Più tardi ho deciso di inaugurare – nel 2009 a Brera –  Il cucchiaio di legno, un format molto particolare: cucina e corsi di cucina, show-room, aperitivo. Era innovativo, nella zona degli artisti milanesi e con un concept all’avanguardia. Poi, la voglia di tornare a casa: sono passato per D&G Pastisserie, a Selvazzano. Qui ho giocato molto con la mia inventiva, riportando il mondo del salato all’interno della pasticceria. Abbiamo vinto il Gambero Rosso come “miglior innovazione”. Poi è arrivato Radici

La società è nata nel 2016, aperta insieme al socio Dario Martellato. Abbiamo iniziato a ridisegnarla in quell’anno e, nel 2017, abbiamo aperto Radici e R2 Cocktail Lab. Si tratta di due formule diverse. Nel lato culinario: la lavorazione degli ingredienti secondo un certo stile, la voglia di crescere, di emergere. Nell’ultimo periodo, in questo campo, ci siamo rivolti maggiormente alla tradizione veneta. Nella parte bar: la grossa ricerca nel mondo del cocktail”

Il nostro bestseller è sicuramente il Gallina Burger: un Burger con l’interno di gallina sfilacciata. Unico ed inimitabile, l’abbiamo inventato noi. La gallina è un ingrediente fondamentale, la usiamo in diversi modi: gallina in saor, in isola, tortellini di gallina, panettone alla gallina… La gallina diventa la protagonista di moltissime preparazioni diverse. Per noi è un piatto icona

Nel tempo siamo passati dall’avere 7 dipendenti, all’averne 30. Abbiamo costruito un team forte e, sicuramente, giovanissimo. Abbiamo anche deciso di differenziare le nostre offerte: la parte cocktail offre anche esperienze sociali, eventi come i “Radici Events. Non solo, a marzo dell’anno scorso abbiamo deciso di inaugurare anche un punto vendita sotto il Salone: si chiama R2 Pop ed è adibito all’asporto. Si tratta di una soluzione facile – tra virgolette -, comoda e necessaria. La parte che si occupa degli eventi si ramifica in matrimoni, catering aziendali, eventi generici tra Padova, Venezia e il Veneto in generale. Ovunque ci chiamano, noi cerchiamo di esserci”

Radici è un luogo dove si cerca di far star bene il proprio cliente. È un lavoro per cui ci impegniamo tutti. Mangiare bene, far star bene insieme, far vivere una bella giornata. Il team giovane emana semplicità e calore: ed è esattamente quello che cerco. La nostra semplicità è un valore aggiunto. Il fatto di scegliere collaboratori molto giovani vuol dire investire sulla loro formazione, non solo a livello culinario, ma anche a livello di filosofia e mentalità in cucina. Il futuro è dei giovani: questo è innegabile. Come in tutti i contesti, ci sono delle difficoltà, ma anche moltissime possibilità. Da 5 anni collaboriamo con la DIEFFE – la scuola di formazione – e siamo riusciti a formare un ragazzo all’anno. Credo che il mondo –  lavorativamente ed umanamente – sia cambiato negli ultimi tempi: a 26 anni, oggi, puoi già rivestire ruoli fondamentali all’interno delle aziende. Sai già chi sei e cosa vuoi diventare”

Abbiamo scelto il nome “Radici” per rimarcare il nostro legame culinario e culturale con Padova.  Questo locale non nasce come ristorante: è nato come villa nel 1900, poi trasformato in studio medico e, infine, in pellicceria. Il mio rapporto con la cucina non è nato facilmente: provengo da una tradizione culinaria veneta ed una meridionale, avendo nonni da entrambe le parti d’Italia. Ho avuto grosse influenze da entrambe le parti. La cosa bella di quelle generazioni è che amano cucinare. Se dovessi descrivere ad un giovane cos’è la cucina direi che è il luogo dove puoi sempre trovare cose nuove. Il cibo è qualcosa di mutevole, sempre diverso da com’era prima: si è sempre in continua evoluzione. Anche le persone cambiano: man mano che crescono le persone si affacciano a nuove tipologie di locali e di cucina

“Insieme a Rebecca Dal Santo ed Alessandro Coli  – i nostri responsabili di sala – abbiamo proposto il menù che si chiama Teatro Radici. Omaggiando il Teatro Verdi, abbiamo creato diversi piccoli menu degustazione – chiamati Opera, Commedia e Musical. Vi è una differenza interpretativa tra le tre diverse proposte: quando si degusta la Commedia ci si interfaccia con sapori più semplici, quando si degusta l’Opera, invece, si proveranno gusti più ricercati, che vadano al di là degli schemi culinari. Ad oggi la cucina si presenta come una ricerca del semplice: le preparazioni basilari eseguite a modo”

Rompiamo gli schemi in tutti gli ambiti: sia in cucina che nell’offerta di vini. I nostri ragazzi possono inventare e creare qualcosa di nuovo a partire dalle basi. E le basi sono le nostre radici venete. L’innovazione è il frutto della primaria e fondamentale conoscenza della materia prima, ma avviene anche come contatto con le nostre esperienze, con il nostro modo di essere. In tavola abbiamo optato per la presentazione di tutti bicchieri diversi: anche questo è, per noi, uscire dagli schemi e dalle regole. In questo modo stimoliamo la curiosità, imprimiamo il movimento, esprimiamo la nostra identità

Ci impegniamo a trasformare piatti semplici in piatti complessi. Il Tortellino Veneto Emilia è sicuramente uno dei piatti dal gusto più conosciuto, noi l’abbiamo rivisitato a modo nostro. Il nostro tortellino è lavorato solo con il tuorlo – in pasta oro – con ripieno di gallina, foie gras, mortadella, con l’aggiunta di spuma di mandorle, Parmigiano Reggiano, sumac e dragoncello. I sapori marocchini risaltano molto, grazie a queste due spezie. Il tutto condito con salsa di frutti sorti, Lambrusco, Pinot nero, Valpolicella. È un piatto goloso, nato come ricerca di incontro tra sapori distanti e, tuttavia, non presenta acidità, non ha estremismi. Il palato di ogni persona non smette mai di imparare: sin da piccolo il tuo palato cresce con te, si evolve e cambia man mano che si assaggiano le cose. La cucina è evoluzione perché i nostri gusti sono sempre in movimento e mutamento. I percorsi che offriamo sono un’evoluzione del sapore. Esattamente come una storia, c’è un inizio, uno svolgimento ed una fine

La nostra filosofia si concentra sul lavoro dei giovani, sul creare nuove cose – belle e buone – sul “crescere e migliorarsi. L’obiettivo finale è quello di offrire un’esperienza che sia piacevole. Che si mangi una degustazione composta da 9 portate o un piatto di pasta, desidero che siano contenuti in egual modo. Il mio primo maestro è sicuramente Massimiliano Alajmo: tuttora condivido moltissimo con lui, dal lavoro delle materie prime all’approccio teorico a questo mondo. Poi, chiaramente, Gino Pesce e Moreno Cedroni

I piatti che ci rappresentano di più sono sicuramente la gallina: un piatto che è sempre presente in ogni menu in tutte le sue declinazioni. L’ultimo nato è sicuramente il panettone enogastronomico. La mia storia di pasticcere di sicuro mi influenza: mi ha lasciato qualcosa che trasmetto ogni giorno nella mia cucina. Ho scelto la gallina perché nasce come piatto povero: è facile da lavorare con ingredienti “ricchi”. È un piatto che ha scritto la storia della tradizione culinaria veneta. Siamo andati a cercare le basi e le abbiamo evolute, migliorandole. Bisogna tenere a mente che, quando si cucina, si cucina per qualcun altro: qualcuno che si affida a noi, la cui fiducia è completamente nelle nostre mani. Cucinare è un gesto d’amore: quando si cucina si trasmette qualcosa di umano. Ovviamente, un feedback negativo – qualora sia costruttivo – non inficia il rapporto di fiducia che si crea tra commensale e cuoco, anzi, è il giusto mezzo per migliorarsi. Il mestiere del cuoco è diventato molto complesso, è un mondo che richiede molti sacrifici: se lo fai, lo fai perché lo ami sinceramente

Quando cucino mi sento libero, mi sento felice. Se nasci ristoratore, sei nato per svolgere questo mestiere in sala, in cucina e al bar. Lo svolgi a tutto tondo. Mi piace tutto di questo lavoro. Personalmente penso che i percorsi per la realizzazione siano infiniti. Non siamo mai arrivati, siamo sempre in continua evoluzione ed il miglioramento è sempre costante. Il miglioramento non avviene solo a livello lavorativo o, allo stesso modo, solo a livello umano: le due cose vanno di pari passo. Ognuno serba dentro di sé i propri obiettivi e trova il proprio modo per raggiungerli. Nessuno di noi vuole essere solo un numero: non vogliamo solo essere riconosciuti in generale, vogliamo essere riconosciuti dai nostri clienti, vogliamo che sappiano che il nostro lavoro lo svolgiamo con amore, che lo vogliamo fare bene. Sapere questo è la più grande delle soddisfazioni. L’obiettivo è rendere questo mondo qualcosa di più stabile, dopo la pandemia – ma anche, purtroppo, a prescindere da essa – questo ambiente è diventato molto complesso. Gestire un ambito ristorativo comprende moltissime cose diverse

“I riconoscimenti fanno parte del gioco e fanno piacere. Servono a supportare il team. Posso sicuramente affermare che non si tratta di una gara, non si combatte in base al numero di riconoscimenti ottenuti. La differenza reale sta nel quanto le persone si affidano al tuo progetto, quanto riescono ad apprezzarlo realmente. Che poi questo si trasformi in un premio, ben venga. Sicuramente, senza i clienti non si va avanti: sono necessari”

La ricerca delle materie prime avviene nel rispetto del territorio. Non si tratta di rispettare la regola del “chilometro zero”, ma di rispettare chi lavora in quel campo. Il termine “chilometro zero” viene utilizzato molte volte in senso sbagliato: non è un atteggiamento sostenibile. Quello che è sostenibile è cercare di rifornirsi in un raggio di chilometri esiguo, ma non inesistente: in questo caso si parla del Veneto. Qui noi ricerchiamo i nostri prodotti, che poi lavoriamo al meglio. Alajmo diceva Un cuoco deve, prima di tutto, non rovinare la materia prima”. Io la penso allo stesso modo: se la materia è di alta qualità e non la si rovina, allora si è già a buon punto in questo mestiere. Bisogna investire nel meglio. E poi, perché investire su ciò che proviene dall’estero quando noi siamo italiani? Le persone che vengono dall’estero, vengono da noi per provare le nostre peculiarità, non per mangiare prodotti che non provengono dalla nostra terra. Chi viene a Padova, deve poter assaggiare i piatti che ci descrivono sin dalle origini”

Abbiamo molti clienti abituali e poi ci sono anche persone nuove, però fortunatamente riusciamo a vedere clienti che tornano spesso, e con spesso si intende 2 o 3 volte al mese, insomma, ed è un bel un bel traguardo”

Sapere di essere un’esperienza che le persone scelgono di ripetere è una grandissima soddisfazione. Con i clienti abbiamo dato vita ad un rapporto confidenziale, di fiducia, atto allo scambio di pareri e feedback. Anche io, nella mia vita e durante la mia carriera, ho avuto alti e bassi: però lo senti quando un obiettivo cresce dentro di te. Io, personalmente, sono una persona molto curiosa: amo imparare e continuare a formarmi. Ritengo che per me questo non sia più un lavoro – nel senso comune del termine: si tratta di una passione che, fortunatamente, mi permette di sopravvivere. Sono molto fortunato”

I nostri piatti nascono da un’idea, da uno spunto che può anche essere casuale. Da uno spunto nasce tutto: nasce l’idea, la si sviluppa, la si concretizza a casa e poi la si porta al lavoro. Talvolta capita che queste idee finiscano subito su carta, alle volte no. In ogni caso, i piatti possono sempre subite mutamenti e variazioni sulla base di nuovi spunti 

Un piatto, da noi, rimane in carta circa tre mesi. Proponiamo 4 menù all’anno, in modo tale da essere fedeli alla stagionalità”

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