Scorre nelle nostre vene, ad altissima velocità. Restituisce il sentire di una città, i desideri di un tempo, la sensibilità tutta umana nei confronti del bello. La musica salva.
Tra Padova e Torino, Carlo Corbellini – cantante, autore e produttore dei Post Nebbia – ci racconta il suo particolare percorso musicale guidandoci attraverso passato, presente e futuro del rock underground italiano, lì dove tutto ha inizio.
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Post Nebbia
(Carlo Corbellini)

“Ho cominciato a suonare la chitarra a 10 anni, alla scuola della parrocchia di San Carlo. Per me la musica è sempre stata la fissa da quando avevo 5 anni. La svolta è arrivata, forse, quando ho iniziato a fare musica col computer“
“Noi già nella scuola di musica della parrocchia avevamo la mini band del saggio e poi, alla fine, molti anni dopo, è diventata i Post Nebbia. Diciamo che la vera illuminazione è arrivata a 14/15 anni, poi nel 2018, il primo disco: Canale Paesaggi“
“Ho iniziato a registrarmi le mie robe, a produrre musica presto, in un periodo in cui ero molto in fissa con l’hip hop. Le basi hip hop anni ’90 ti permettono di capire come si arrangia, una cosa molto semplice, mi ha dato le fondamenta per imparare a fare cose più complesse dopo”
“Abbiamo attraversato diverse fasi. Un passo è stato portare in sala prove le robe che facevo a casa, ai ragazzi piaceva, quindi abbiamo iniziato a fare quelle canzoni lì. Diciamo che quello è stato un po’ il momento di svolta. Abbiamo smesso di fare le cover, un periodo di pezzi in inglese e poi, a un certo punto, abbiamo iniziato a scrivere in italiano“
“I Post Nebbia nascono in maniera molto graduale, non saprei identificare un momento principale. A 10/12 anni ci hanno messi insieme. Sicuramente c’è stato il momento di scrivere il disco, in cui mi sono detto: «Okay hai la possibilità di farlo seriamente, fallo seriamente!»”
“Noi il disco lo abbiamo fatto uscire, ma non avevamo idea di come promuoverlo, era già stato un miracolo pubblicarlo su Spotify. Quando lo abbiamo fatto uscire non è che lo avesse sentito chissachì. Dopo 6 mesi l’etichetta Dischi Sotterranei si è interessata e si è creata una collaborazione. Loro sono stati una realtà fondamentale per il nostro percorso di crescita”
“Fino ad adesso sono stato abbastanza dittatoriale. Non ho mai scritto un pezzo chitarra e voce. Ho sempre avuto prima un loop o una cellula di una canzone di cui mi venivano in mente due o tre frasi, alcune me le annotavo e poi a partire da quella cellula lì veniva fuori il resto della canzone. Ho sempre lavorato più o meno così”
“Nell’ultimo disco mi sono aperto a collaborare con un amico, mi ha aiutato a registrarlo e per la prima volta sono andato in uno studio. Non ho fatto tutto quanto home made. Mi serviva una figura che facesse da anello di congiunzione, l’ho trovata in Fight Pausa, Carlo Luciano Corrini – che secondo me è uno dei più bravi, di sicuro della sua generazione – ha fatto da collante. Lui fa Generic Animal, adesso sta mixando dischi ovunque, ha anche una band i 72-Hours Post Fight. È un produttore molto bravo, competente, con tantissimo gusto. Cosa difficile da far coincidere”
“La nostra etichetta discografica rimangono quelli di Dischi Sotterranei, Michele Novak è tra i primi che ho conosciuto, ora è il manager di Jessie the Faccio e “direttore artistico” di Dischi Sotterranei. Con lui ho un rapporto abbastanza unico nel panorama musicale. Dischi Sotterranei è un’etichetta che ci tiene molto alla qualità di quello che spinge“
“Pochi artisti, anche molto bravi, possono avere un contatto così sincero e comprensivo con la loro etichetta, io credo che i Dischi Sotteranei abbiano sempre incoraggiato da parte nostra un approccio orientato alla sostanza. Tutto il lavoro, tutto l’impegno va nei dischi e nei concerti”
“Non credo che questa filosofia sia popolare nel mercato più grosso. Hai più mezzi, puoi metterti il cartellone a Milano Centrale, puoi fare delle cose di sponsor magari più elevate ma poi manca un approccio sulla sostanza e sulla musica. In un modo o nell’altro il pubblico lo sa, capisce la differenza”

“Nell’ultimo anno abbiamo raccolto tante soddisfazioni e senza prendere scorciatoie. Adesso abbiamo le ultime 7/8 date del tour, poi ne faremo altre”
“Credo ci sia, soprattutto per la musica, un Paese a due velocità. Le velocità sono Milano e tutto il resto. Ho pensato per un periodo di stare a Milano, ci sono stato per dei mesi ospite di varie persone, è molto utile avere contatto con quel tessuto sociale, con un’altra realtà musicale. Milano è bella perchè hai un sacco di concerti e eventi ma non rispecchia la realtà del resto del Paese. È utile non chiudersi troppo in una bolla. Meglio evitare di illudersi che anche il resto dell’Italia abbia un business così consolidato”
“D’altro lato lato credo che Padova, per essere una città medio-piccola, abbia concerti di musica live imparagonabili ad altre città medio piccole o anche grandi. L’estivo offre tantissimi festival, tantissimi concerti, anche un certo calibro di artisti esteri, di nicchia con cose che non si vedono in Italia. In tanti vengono qua, questo mi ha dato anche la prospettiva di poter suonare come lavoro“
“E’ strano, negli anni 90 c’era una divisione musicale molto più netta: era chiaro da che parte stavi. Forse era anche più limitante per certi versi, ma molto più identitario. Una volta se suonavi dovevi prendere una posizione, oggi da un lato siamo un po’ più liberi di fare delle cose più pop senza essere additati come dei traditori ma dall’altro lato abbiamo perso un senso di appartenenza a qualcosa”
“Oggi io sono amico di tanti artisti che ascoltano roba completamente diversa da me. Se una volta trovavi i tuoi simili attraverso la musica o caratteristiche estetico-identitarie, ora li trovi attraverso l’attitudine con cui altri artisti si approcciano alla musica che fanno. C’è meno identità, siamo più liberi ma forse più smarriti“
“Dischi Sotterranei ha fatto grandi passi avanti in questo senso, nel ricostruire un senso di appartenenza, un senso di unità. In Pianura Padana si sta costruendo qualcosa, ma è anche più frammentato. Negli anni 90 dipendevi dall’offerta che c’era nei negozi di dischi, da chi arrivava nella tua città, era anche più delimitato il campo”
“Siamo stati un po’ bravi un po’ fortunati a portare uno spirito underground più provinciale e riuscire a renderlo credibile a un pubblico più ampio, più sfaccettato. C’è del potenziale, nel senso che, a Padova c’è una genetica per cui nascono molte band fighe: Jessie, Grigio Scarlatto, Galassia Club insomma ce ne sono”
“Da qualche tempo mi sono trasferito a Torino. È una città accessibile a livello di affitti, l’unica città in cui continuano a esistere eventi verso il sincero, magari si promuovono in maniera un po’ meno professionale ma sono orientati alla sostanza“
“Milano mi piace, ma la digerisco fino a un certo punto, non è un posto in cui vivrei. Magari lavorerei il triplo, anche a livello di produzioni, di lavori per altri, ma poi dovrei pagare il triplo. E poi secondo me non fa molto bene, hai un po’ l’impressione di stare a Los Angeles ma poi quella roba là fuori da Milano non esiste. Ci sono tante cose che fuori da Milano non esistono e secondo me è bene capirlo. Torino sulla musica elettronica ha molti contatti con l’estero, a volte possono girare cose davvero pese”
“Torino per me è una città molto scura e misteriosa. Sembra che tutti appartengano a una massoneria di cui non sai niente, prendi i mezzi a Milano e vedi tutta gente con l’esigenza di usare l’estetica per comunicarsi al mondo esterno, a Torino invece sembra che tutti si mimetizzino e questa cosa mi affascina parecchio“
“Credo che ci sia un DNA molto operario, molto oscuro, molto Coca Cola di sottomarca da un lato ma dall’altro una sorta di aristocrazia piemontese un po’ francese: è molto interessante. A livello inconscio Torino farà tantissimo per la mia prossima produzione musicale”
“Sherwood rappresenta un po’ la mia adolescenza, è un onore gigantesco aprire il Festival il 14 giugno, ho anche fatto il volontario lì un paio di anni, ci divertiremo moltissimo”
“Oggi sulla scena ci sono cose che stilisticamente io apprezzo molto. Con Dutch Nazari abbiamo fatto un ft. per Televendite di quadri (Remix), brano del primo album. Per me poi la Massima Takenza è stata una parte importante della mia adolescenza tra i 16/17 anni. Ma tutta la scena rap di Padova la ammiro ancora molto”
“Seguo la scena trap locale, sono grande fan di Tony Boy, credo sia molto bravo, porta delle influenze molto consapevoli all’interno di quel genere. Sicuramente ha degli ascolti americani interessanti e sa adattare quella roba all’italiano, in modo anche molto personale. Apprezzo quello che sta facendo”
” La trap è un fenomeno molto strano, il nostro editore Alfred Tisocco produce un sacco di trapper vicentini. La trap è molto simile al punk ma è anche questa componente di ostentazione, di opulenza. Un misto di ribellione e conformismo che non ha avuto molti precedenti, è molto outsider da un certo punto di vista”
“I Maneskin sono una band live estremamente forte, non li ho mai visti live. L’evidenza è che la loro presenza scenica è importante, è stata un po’ la chiave del loro successo, un successo che ha avuto più a che fare con la televisione. Non è una realtà vicina alla nostra. Sono dinamiche che conosco meno e per le quali il mio punto di vista conta relativamente. Da quello che ho sentito, nei live sono formidabili, sono contento che ci sia una band italiana che ha fatto successo all’estero“
“Con i Post Nebbia sta andando molto bene, è un progetto su cui investirò tutte le mie energie nel medio breve termine. Poi mi piacerebbe diventare produttore, mi ci sento portato, ma finchè dura il momento bello coi Post Nebbia, ci investirò”
