Lo sport di squadra non è solo questione di tecnica: dipende tutto dalle giocatrici. Per le Criminal Bullets, squadra di roller derby padovana, l’importante non è vincere, ma costruire una comunità intorno allo sport, che sia inclusiva, accogliente e presente nella società. Certo, poi se ogni tanto si vince una partita va bene lo stesso.
Criminal Bullets

Marta: “In questo sport e in questa squadra non ci sono ruoli definiti o gerarchie. Il roller derby è uno sport di contatto con i pattini a rotelle, che si gioca in una pista ellittica chiamata “track”. Di solito viene disegnata per terra, perché non c’è nessuna palestra adibita al nostro sport. La partita dura un’ora, divisa in due tempi da trenta minuti, suddivisi a loro volta in piccole ripetute da due minuti: tendenzialmente ogni due minuti cambiano le giocatrici. Si gioca 5 contro 5: quattro fanno il muro, le “blocker”, e fanno sia da difesa che da attacco. Una per squadra è la “jammer”, riconosciuta da una cover del casco con una stellina. Al fischio di inizio, si sfidano le due jammer nel passare più velocemente possibile il muro delle avversarie: la prima che riesce a passare diventa la “lead jammer” e può interrompere il gioco prima dello scadere dei due minuti. A partire dal secondo giro, si iniziano a contare i punteggi: ogni giocatrice superata rappresenta un punto. È complesso, anche da vedere”
“È comunque un gioco di velocità, resistenza, tecnica e strategia. È molto adrenalinico, perché si svolge molto velocemente. Apparentemente sembra che ci sia molta confusione, ma in realtà ci sono molte regole da rispettare, un manuale da 200 pagine. Ci sono, ad esempio, delle zone di contatto legali e illegali. Cadiamo anche tanto: una delle regole è che se una giocatrice viene buttata fuori dalla pista deve rientrare dietro alle avversarie. Ci sono tante regole, non a caso abbiamo una crew di circa tredici persone, con pattini e non, che controllano che il gioco si svolga in sicurezza durante le partite”
“Qui cerchiamo di creare uno spazio in cui chi si vuole approcciare al giocare o anche solo al sostenerci si senta liber* di essere chi e come vuole. Questa secondo me è la cosa più bella, anche perché spesso gli allenamenti vengono usati come sfogo, consapevoli che c’è sempre un gruppo che ti sostiene. I nostri colori sono il fucsia e il nero, che riprendono anche un po’ la bandiera transfemminista. Abbiamo un sacco di protezioni: ginocchiere, paradenti, gomitiere, polsiere e caschetto. Queste sono obbligatorie, poi c’è chi indossa vestiti un po’ più imbottiti o altre protezioni. Abbiamo anche scritto un articolo su “Menelique”, una rivista nazionale, che riassume il gioco”
“Io, come tante altre, ho conosciuto il roller derby da un film con Drew Barrymore, “Whip It”. In Italia questo sport è arrivato un po’ tardi, all’incirca nel 2012. In questi anni le prime persone in Italia, tramite video di YouTube, hanno provato a esportare lo sport anche qui. Dopo qualche anno hanno provato a fondare una squadra anche a Padova, ma c’è stato un momento di fermo. Quando sono entrata nelle Criminal Bullets, c’erano tre-quattro ragazze che avevano deciso di organizzare un aperitivo per riattivare la squadra: era febbraio 2016. Io e un’altra mia amica abbiamo partecipato e da questo gruppetto di cinque ragazze man mano si sono avvicinate le altre”
“Abbiamo fatto il primo allenamento il 1° marzo 2016 nel patronato della chiesa di Altichiero. Pian piano abbiamo deciso di costruire un gruppo, perché il roller derby è comunque uno sport di squadra. Tra giocatrici e supporter siamo circa una ventina, però siamo partite in circa cinque, con gente che magari veniva e poi andava: è stata dura all’inizio. Abbiamo iniziato all’aperto, al CUS, un po’ spartane, ma poi pian piano ci siamo date una struttura. Siamo diventate ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica) a febbraio 2020 e poi c’è stata la pandemia: abbiamo giocato la prima partita l’8 marzo: ottima data d’inizio! Io ho sempre cercato, insieme alle prime di tenere un po’ salda la squadra”
“Prima di iniziare non avevo mai messo i pattini in vita mia. All’interno della squadra, però, c’è qualcuna che viene dal pattinaggio artistico o che pattinava da piccola. Noi usiamo i pattini a rotelle detti “quad”, non quelli in linea e ci ho messo un paio d’anni a imparare a stare in piedi”

Danijela: “Abbiamo tutte un “derby name”, che ci caratterizza o che è venuto fuori in qualche circostanza: il mio è “Danger”. Io mi chiamo Danjiela: una persona un giorno ha sbagliato a pronunciare il mio nome e da “Danigela” è diventato “Dangie” e infine “Danger”. Alcuni dei nomi delle altre sono: “Jay from the block” (Marta), “Broken Pita”, “Terrynator”, “Scarlett Gun”, “J. Siza Fletcher”, “Mati Sposti”, “Robin Hulk” (la nostra capitana): ognuno sceglie il proprio nome“
“Sono entrata nella squadra nel 2021 non sapendo pattinare: ho imparato qua. È uno sport molto interessante e, dato che non è molto praticato, c’è un senso di squadra in tutta Italia. Durante le partite ovviamente c’è competizione, ma fuori dalla gara è come se facessimo tutte parte di una squadra unica. Mi piace molto lo spirito dello sport, la sua inclusività, il femminismo. Dopo la pandemia, sentivo la necessità di far parte di un gruppo e di conoscere persone e cose nuove e diverse dal solito”
“Ho conosciuto lo sport perchè ho letto un libro dove veniva citato il roller derby. Non capendo di cosa si trattasse, ho cercato su internet e ho scoperto che non solo c’era una squadra padovana, ma che anche si sarebbe tenuto a breve il “Fresh meet”. Sono venuta a provare e ho comprato subito i pattini! Credo che un po’ tutte abbiamo trovato questo sport in un momento un po’ brutto della propria vita, in cui avevamo bisogno di supporto”
“In questa squadra siamo inclusive anche con l’età: la più piccola ha 25 anni, mentre la più grande 42. Inoltre, le persone che smettono di giocare restano comunque nell’ambiente come arbitri o sostenitori. Siamo in pochi, ma quando entri non ne esci più!“
“Quando abbiamo vinto la prima partita era la prima partita che giocavo. Mi sono divertita molto, è stata un’esperienza davvero bella! Prima avevo giocato qualche “scrimmage” (amichevoli), ma quella era la mia prima partita ufficiale da campionato. È stato bello scendere in campo, dopo essersi allenata così tanto“
Elisa: “Io sono Elisa e il mio derby name è “Jessica Siza Fletcher”, data la mia passione per la signora in giallo e anche per portare un po’ di “sfiga” agli avversari, dato che quando passa lei c’è quasi sempre un morto”
“Io ho iniziato a giocare circa otto anni fa a Bolzano, perché vivevo là. Ho iniziato un po’ per caso: è stato un amico che mi ha detto di provare il roller derby. Al primo allenamento non mi aveva fatto impazzire, ma quando ho assistito alla prima partita ho deciso di continuare. Ho giocato a Bolzano per circa 3 anni, poi sono tornata a Padova, che è la mia città natale. Qui ho incontrato le Criminal Bullets e sono entrata ufficialmente poco prima della pandemia.
“A Bolzano avevo giocato come jammer, anche se forse è il ruolo più faticoso. L’ho scelto perché mi vedevo piccolina e mingherlina e quindi un po’ più adatta a questo ruolo, per il quale bisogna evitare le blocker avversarie. Poi, quando sono arrivata alle Criminal Bullets, data la presenza di molte jammer, ho pensato di provare a cambiare ruolo. È anche bello avere una visione d’insieme, infatti molto spesso durante gli allenamenti cerchiamo tutte di provare tutto, in modo tale da allenarsi ad avere una visione maggiore dello sport. C’è infatti un momento nel quale la jammer può diventare blocker e una blocker (il “pivot”, in particolare) diventa jammer: si chiama “star pass”, ovvero quando la jammer vede che non riesce a passare si toglie la cover a stella e la passa alla pivot (che si riconosce da una cover con una striscia), che è l’unica che può prenderla”
“Sono tornata da Bolzano dopo un’esperienza non troppo bella all’estero. Quando sono tornata a Padova, dopo quattro anni è stato importante ritrovare un ambiente che non fosse legato solamente allo sport: per me è stato come trovare un gruppo bello e partecipativo di amiche, dove potevo portare del mio. Ha significato anche ritrovare un valore nella mia città, attraverso una squadra che mi ha portato in contatto con realtà che prima non conoscevo”
“Il sentimento di inclusività è fondante nel roller derby, anche a livello internazionale. Penso sia partito all’inizio come possibilità per tutte di giocare, qualsiasi età tu avessi, da qualunque posto arrivassi e soprattutto qualsiasi corporatura avessi. L’anno scorso, ad esempio, ci eravamo rifatte al caso della ginnastica ritmica, per cui tutte erano impostate che dovevano avere dei corpi perfetti, invece per il roller derby no. Secondo me è anche proprio lo spirito di questo sport, non è necessario avere un allenatore, ad esempio: è uno sport fatto da chi lo gioca”
“Considerando il fatto che siamo una delle ultime squadre che si sono formate e che abbiamo avuto poche possibilità di giocare, vincere per la prima volta è stato molto figo. La partita era contro la squadra con cui ci eravamo scontrate anche l’anno prima, dove però avevamo perso: è stata una rivincita, insomma. È stato bello vedere come anche il resto del mondo del derby tifasse per noi, in quanto “una della ultime arrivate”

Marta: “Il roller derby fa parte della WFTDA (Women’s Flat Track Derby Association), che è la federazione che regola questo sport a livello mondiale. Tra il 2020 e il 2021 poi il roller derby è entrato come sport disciplina della FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici). Il primo campionato italiano è stato disputato nella stagione 2021-2022, quindi abbiamo già due anni alle spalle e ora inizia il terzo. Nonostante la fatica iniziale nel costruire questa squadra, siamo riuscite a partecipare a tutte le edizioni del campionato italiano. C’è la Lega Italiana Roller Derby, che fa un po’ da cappello a tutte le squadre. In Italia, per il momento, ci sono undici squadre attive: a volte qualcuna si spegne e poi si riaccende”
“In zona ci siamo noi e le vicentine “The Anguanas“, che sono fortissime. Erano la squadra di punta in Italia fino all’altro anno, anche se questo campionato è stato vinto dalle Harpies di Milano. Le squadre sono: Padova, Vicenza, Bergamo, Milano, Torino, Bolzano, Rimini (gemellata con Bologna al momento), Roma, Palermo, Lecce e Udine Cassano d’Adda, Catania, Firenze, Massa, Monza, Napoli, Palermo, Parma, Pescara, Siracusa, Trieste. C’è una buona rappresentazione al nord”
“Il roller derby è uno sport con dei forti principi di inclusione. Quello che cerchiamo di fare è di sviluppare una parte politica e attivista e essere presenti anche in relazione con le realtà della città: pride, manifestazioni di lotta femminista e transfemminista. Abbiamo relazioni con alcune associazioni, come La Mente Comune, con cui abbiamo partecipato alla Critical Mass. Abbiamo sempre cercato di fare rete: l’evento dell’anno per noi è la Festa della Madonna, l’8 dicembre, un evento di autofinanziamento insieme alla sezione femminile del Quadrato Meticcio e alla Polisportiva San Precario. Cerchiamo di unirci allo sport popolare femminista. Cerchiamo di veicolare dei messaggi, anche attraverso la parte più ludica e ricreativa di festa“
“Questo è uno sport molto alla pari, dove ognuna cerca di contribuire con le proprie capacità. Siamo anche persone molto diverse, sia fisicamente che caratterialmente, quindi ognuna porta un po’ la sua anima. Abbiamo un direttivo che gestisce la parte più amministrativa e poi ci sono delle persone che, per predisposizione o esperienza, allenano, anche se appunto non c’è la figura vera e propria dell’allenatore. Una giocatrice magari si occupa della parte di workout, poi un’altra gestisce quella di pattinaggio e altre ancora la parte di strategia e contatto. Non avendo delle figure apposite, poi, ci siamo molto gestite: si fanno dei bootcamp o partecipiamo ad allenamenti condivisi con squadre più esperte, ad esempio”
“Il tema delle palestre rappresenta un problema per tutti gli sport a rotelle. Noi aderiamo al bando comunale che si apre ogni anno e quindi facciamo richiesta. Chiaramente ci sono molte squadre e pochi spazi, poi “sport più redditizi” hanno la precedenza. Ci è stato concesso l’uso di una palestra il martedì, mentre il giovedì siamo alla Guizza, nella palestra di una scuola. La situazione degli impianti sportivi è fatiscente e anche quando organizziamo eventi con altre squadre vediamo che la situazione non migliora di molto in altre zone d’Italia. Non è facile crearsi un proprio spazio“
“Vincere la prima partita è stata una figata pazzesca! È stata un’emozione molto grande, perché poco prima ne avevamo persa una: proprio perché si è in pochi, succede di dover giocare due partite di seguito. Abbiamo giocato contro il Palermo e abbiamo vinto: è stato difficile, ma la cosa che ci è piaciuta di più è che con gli anni abbiamo creato grandi relazioni con le altre squadre e abbiamo ricevuto un grande sostegno da parte di tutte le giocatrici. Per noi è stato prezioso, perché si capisce che questo spirito di sorellanza e condivisione è riconosciuto. La cosa più bella è stata che quella ha rappresentato la vittoria anche di coloro che ci hanno sostenuto negli anni”
