Rialzarsi e controbattere al duro impatto degli eventi sulla vita: la cosa più necessaria e, allo stesso tempo, l’azione più difficile da compiere. Il dolore, parte integrante della nostra esistenza, ci forgia e rende la nostra corazza ancora più spessa. Pur sperimentando il peso della perdita, scopriamo che le possibilità di apertura sono infinite: bellezza e gentilezza risuonano sempre, trionfanti. Eleonora Pedron – padovana, Miss Italia 2002, conduttrice televisiva, attrice e modella – ripercorre le tappe del suo travagliato vissuto, insegnandoci la forza, la costanza, la determinazione di chi non sa cosa voglia dire arrendersi.
Eleonora Pedron

“Mi chiamo Eleonora Pedron, sono nata a Camposampiero. Nel 2002 sono stata eletta Miss Italia e, da quel momento, ho intrapreso un percorso – molto produttivo, perché ho svolto molti ruoli ed ho fatto molte esperienze – nel mondo dello spettacolo italiano. Oggi presento il mio libro – intitolato “L’ho fatto per te” – uscito nel 2021”
“Ho voluto scrivere un libro che fosse semplice, il cui focus non dovesse essere posto sull’”Eleonora scrittrice”, quanto piuttosto sul mio vissuto, raccontato amichevolmente. Penso di essere riuscita in questo intento e, pur nella sua tragicità, è sempre rimasto uno scritto abbastanza leggero e delicato. In generale, penso che tutto ciò che è capitato fino ad oggi sia stato un po’ frutto di causalità. Vogliamo chiamarlo “caso”? Chiamiamolo come vogliamo, sicuramente non era qualcosa di programmato. È successo, semplicemente. Dalla vittoria di Miss Italia le occasioni si sono date senza cercarle, naturalmente. Ormai facevo parte di quell’ambiente ed ho continuato a percorrere quella strada. Una volta intrapresa quella via, ritornare indietro non era più possibile. Ho vissuto tutte le tappe con grandissima passione”
“Sono passati parecchi anni ma ricordo tutto alla perfezione. Ricordo l’elezione a Miss Italia e, nello specifico, quanto non ci fossi con la testa, quanto fossi distratta da altro. Sembrava che le cose accadessero senza che io me ne rendessi conto – e, con la consapevolezza di adesso, riesco perfettamente a vederne la motivazione. Solo dopo ho capito che, in quel momento, non ero sola. Tutto quello che accadeva era un regalo, un regalo di mio padre”
“Ho vissuto molto di più la campagna che la città e, come si sa, sono due realtà molto diverse. Ho vissuto intensamente il cambiamento: dopo la vittoria mi sono trasferita a Milano ed è stato qualcosa di traumatico. I ritmi sono completamente diversi e, il fatto di venire da una cittadina di campagna non ha aiutato. Se fossi passata da Padova a Milano, di sicuro, non avrei percepito la differenza. Poi le cose devono proseguire per la loro strada: in poco tempo, e naturalmente, ho deciso di mettere radici. È stata una scelta ragionata, quella città è stata – e lo è anche tuttora – un mare infinito di opportunità. Dovevo solo cogliere l’attimo”
“Oggi vivo a Montecarlo ma, fortunatamente, torno spesso a casa dai miei parenti. La casa dove sono cresciuta è la classica casa in mezzo ai campi. Non ero una ragazza che usciva moltissimo con gli amici o andava a far festa, sono sempre stata molto legata alla dimensione familiare. Quello di cui più sento la mancanza è proprio questo: l’assaporare quelle sensazioni, legate indissolubilmente alla mia infanzia. Quelle sono le mie origini e, appena posso, ci ritorno. Progettavo di scrivere un libro da molto tempo, dal momento che ho sempre parlato apertamente della mia storia, anche se raramente sono entrata nei dettagli. Molti mi chiedono anche dei consigli – modi per superare il dolore delle perdite. Molti hanno vissuto situazioni simili alla mia. Il mio libro è indirizzato a tutti coloro che hanno sofferto, che soffrono. Volevo che fosse un mezzo per attuare del bene, che fosse un messaggio di forza per tutti coloro che ne hanno bisogno”
“Non mi sono mai sentita sola, anche perché la mia famiglia è molto numerosa. È sicuramente vero che, nei momenti più bui, si desidera rimanere da soli, isolarsi dal mondo nel modo più immediato possibile. Con il tempo mi sono resa conto che, invece, avere qualcuno accanto è particolarmente “utile”, particolarmente bello. Il contatto umano ci salva, anche solo uno sguardo gentile può migliorare la situazione. Alcuni mi hanno aiutato senza saperlo ed è stato fondamentale. Ovviamente l’altra parte del lavoro deve essere fatto da noi, in prima persona: la forza deve provenire da dentro. Talvolta ci possiamo riscoprire più forti di quello che d’immagina. Nel mio caso, la forza proveniva da qualcuno che non c’era più. Quando si riscopre quest’energia, ci si sente eroine – anche se il dolore rimane una costante. Ci sono dei momenti in cui tutto sempre ricadere nel buio, momenti più duri di altri. Ma una volta trovata quella forza, non la si abbandona più”
“Oggi sono mamma. Cerco di avere un rapporto più che altro di amicizia con loro, soprattutto con la figlia femmina. Questi rapporti hanno estremo bisogno di comunicazione, è qualcosa di fondamentale al fine di strutturare un rapporto solido. La condivisione è necessaria. Il maschietto, invece, è ribelle. Pieno di energia e molto attivo in tutto ciò che fa: con lui è necessario essere più severi. Non è semplice essere genitore, penso che l’importante sia donare loro una figura che sia qualitativamente presente – piuttosto che quantitativamente. Io, in ogni caso, passo con loro la maggior parte del mio tempo: oggi sono con la tata, ma capita poche volte. Cerco di fornire loro quegli insegnamenti che ho ricevuto dalla mia famiglia: alla fine si tratta di tramandare il sentire, la sensibilità, gli atteggiamenti. Quello che diamo ai nostri figli è il frutto di quello che noi stessi abbiamo ricevuto, nessuno è genitore in potenza, lo si diventa nel tempo. Le basi si formano rimanendo in ascolto di chi decide di guidarci nel mondo. Declinarle nel mondo attuale è qualcosa che impariamo a fare nel tempo”
“Ad oggi mi sto concentrando moltissimo nello studio. Ho intrapreso il percorso di studi in Psicologia e quest’anno dovrei laurearmi. Come mai la psicologia? Lo scopo è quello di aiutare i bambini, specializzarmi nel mondo dell’infanzia. Ho perso mia sorella quando avevo nove anni: penso che aver vissuto quest’esperienza da bambina mi abbia resa chi sono oggi. E la persona che sono oggi è qualcuno che desidera essere d’aiuto a chi, come me, ha dovuto sperimentare il male della vita sin da piccolo. Quello che ho provato io e come sino riuscita a rialzarmi: questo sentire penso possa essere di grande aiuto. Ritengo che, nonostante l’empatia e la sensibilità siano fondamentali, l’aver vissuto quell’esperienza sia importantissimo – necessario – per potersi relazionare a persone che lo stanno vivendo”
“Cos’è per me la bellezza? Mia nonna era una signora elegante e raffinata, ci teneva moltissimo alla bellezza femminile. Riusciva a trovarla nelle piccole cose, notava le particolarità, apprezzava le differenze, riusciva ad ammirare la luce di ognuna. A questo mi ispiro. Io non mi sono mai sentita veramente bella. O meglio, non mi sono mai atteggiata come tale. Ho sempre notato la mia particolarità, ma non le davo il nome di “bellezza”. Ritengo che tutti gli esseri umani siano particolari a loro modo e, dunque, siamo tutti – a nostro modo – belli. Non ho mai dato troppa importanza alla bellezza, in senso esclusivamente e tecnicamente estetico. Non mi sono mai soffermata su ciò che la società proponeva come esteticamente gradevole. Ciò che conquista è l’essere comunicativo, empatico, sensibile: sia a livello amichevole che non. I dettagli di ognuno fanno la vera differenza. Chi siamo: questa è la particolarità rilevante. Quando è mancato mio padre mi sono resa conto che avevo dei difetti che mi ricordavano lui: era una sensazione che mi ha dato molto da pensare. Solo più tardi ho imparato ad apprezzarli e farli diventare dei pregi – proprio perché mi ricordavano lui”
“Nel tempo mi sono resa conto che quello che preferisco delle persone è il loro sentire, la loro testa. L’involucro esterno conta pochissimo. Non mi appartiene l’idea di cambiare i connotati. Poi, come in tutto: dipende! Se è qualcosa che sentiamo nostra, qualcosa che non ci fa dormire la notte, qualcosa che ci fa stare male allora è doveroso procedere verso ciò che ci fa stare bene. Ritengo sia sbagliato cambiare noi stessi per assomigliare ad altri, dando spazio e adito alle nostre insicurezze che, invece, dovrebbero essere sconfitte. La nostra bellezza risiede nella nostra inguaribile differenza. Tutti abbiamo dei punti deboli e, allo stesso modo, dei punti di forza. Dobbiamo solo capire su quali puntare. È sempre meglio puntare su ciò che proviene da dentro”
“Due anni fa ho iniziato a creare una capsule di gioielli. Sin da piccola disegnavo i modelli dei gioielli, dei vestiti…Mi divertiva e mi diverte tuttora. In molti mi avevano consigliato di frequentare il liceo artistico, ma i miei genitori non furono d’accordo. La strada della ragioneria mi avrebbe aperto più porte nel mondo del lavoro. La materia che mi piaceva di meno? Economia aziendale! Sono sempre stata una persona estremamente creativa e, quando devo disegnare le cose, la fantasia corre al massimo della velocità. La capsule di gioielli prevede oggetti in argento e, adesso, anche uno un oro – sviluppato insieme ad una mia amica. Anche lei fa parte del mondo dello spettacolo e, insieme, abbiamo deciso di progettare un anello. È un lavoro che arricchisce molto i miei ritmi principali. Attualmente, però, tutta la mia attenzione è rivolta allo studio che, come si sa, richiede moltissimo tempo. Iscriversi all’università è stata una sfida complessa: ricominciare a studiare a quarant’anni non è semplicissimo. L’ho fatto per me, perché ho capito che è sicuramente qualcosa che voglio portare a termine. Sono molto determinata. Questa determinazione è un tratto del carattere che mi caratterizza più oggi che anni fa, quando ero più giovane. Prima avevo più cose da fare e ne volevo fare sempre di nuove e, alla fine, non riuscivo a portarne a termine neanche una. Oggi ho – relativamente – meno cose da portare a termine, ma questa deve assolutamente essere fatta”
“Cosa manca a Padova per essere più attrattiva? Non ho mai frequentato assiduamente la città, mi sento padovana, ma appartenente alla provincia. Ovviamente mi è capitato di venire con gli amici in centro però nella maggior parte del tempo rimanevo con la famiglia. Sono molto legata alla famiglia, uscivo di rado. Provo una grande mancanza di Borgoricco, anche delle piccole cose: curare l’orto, raccogliere le uova nel pollaio, i pomodori, i fagioli… Attività che svolgevo molto spesso con mio padre. Uscire la mattina e trovare una campagna viva di cui prendersi cura. Quelle zone hanno costruito la mia quotidianità molto più che la discoteca – luogo che, comunque, ho frequentato, quando capitava. Mi manca la dimensione di vicinanza ed intimità con la terra”
