Chi è disposto a molti sacrifici per raggiungere un obiettivo non può che essere ripagato dalla propria dedizione. Il San Michele Sud Experience è oggi infatti una delle caffetterie più sfiziose di Padova e tutto questo grazie alla perseveranza e all’ intraprendenza di Giorgio, della sua famiglia e dei suoi collaboratori!

“Mi chiamo Giorgio e vivo a Padova dal 2013. La mia famiglia ed io ci siamo trasferiti dalla provincia di Treviso dopo averci abitato per 13 anni. Il motivo di tale trasferimento è stata la crisi di lavoro dei miei genitori, che però ha portato mio padre a coronare il suo sogno, ovvero aprire un piccola attività come questa. Prima di aprire e scegliere proprio questa zona, abbiamo fatto molte ricerche, anche tra Mira e Dolo. Nella ricerca ci siamo imbattuti in questo bar, gestito da una signora, che aveva lavorato molto con l’ex Provveditorato che purtroppo aveva chiuso. E’ stata un’occasione che abbiamo preso al volo”
“Molti commercianti davano la zona Pontecorvo per morta, questo perché a loro parere aveva già dato il massimo del suo splendore, andando, con la chiusura degli uffici comunali, un po’ in declino. In tanti ci hanno suggerito di non rilevare questo locale, perché la zona era già satura di attività. Ma a noi il quartiere piaceva, si trova vicino al centro storico, in una delle vie più belle di Padova”
“Nel giugno del 2013 viene a mancare mio nonno Michele, che si chiamava proprio come il nome della via dove siamo: Michele Sanmicheli. Abbiamo perciò dedicato il nome del locale a lui oltre che a riprendere il nome della strada: ci è sembrato quasi un segno del destino”
“La mia famiglia ed io siamo di origine pugliese, nessuno di noi aveva mai avuto prima esperienza nel mondo del food. Quando abbiamo aperto l’attività c’è voluto un po’ di tempo perché si potesse avviare. Nel 2018 ho deciso di aprire Instagram e di utilizzarlo come metodo di supporto all’attività, creando il profilo del locale: da lì c’è stato un vero e proprio boom. Ho iniziato a gestire i social in maniera più seria, collegando le pagine di Instagram e Facebook. In questo modo sono iniziati ad arrivare nel locale i primi followers: ero riuscito a trovare dei clienti tramite i social!”
“Alle nostre prime clienti che ci dissero di averci conosciuto tramite Instagram, decisi di scattare una foto: sono ragazze giovanissime che sono diventate delle clienti storiche”
“Con il Covid abbiamo raccolto tutto ciò che avevo seminato: la pagina Instagram aveva all’incirca 2500 followers quando siamo rimasti chiusi per circa un mesetto. Ad un certo punto una nostra amatissima cliente mi ha scritto per sapere se per caso avessi voglia di prepararle la pastiera, perché non aveva voglia di farsela spedire da giù. Mi sono confrontato con i miei genitori, chiedendo loro se fossero d’accordo a mettersi in moto. Eravamo tutti convinti. Abbiamo preparato il dolce, che ho poi condiviso tramite qualche post su Instagram. Abbiamo poi iniziato a proporre tramite le IG Stories la possibilità di ricevere la colazione a domicilio. Ci siamo organizzati per una delivery per zona. Con Google Maps si potevano impostare i vari itinerari di consegna. Tutto questo lavoro di comunicazione ha portato a ricevere messaggi a raffica, tra Facebook, Instagram e Google”
“Avevamo i clienti anziani che ci chiamavano al telefono, i giovanissimi che volevano fare una sorpresa ai genitori, gli adulti che volevo mandare un pensiero ai congiunti, fidanzati ecc…Assieme alle colazioni c’era la possibilità di inserire una dedica, come anche portare in aggiunta un mazzo di fiori (ad esempio a tutte quelle spose alle quali erano saltati i matrimoni) o anche qualche palloncino”
“Davo questo tipo di servizio ponendomi una semplice domanda: se fossi a casa cosa mi piacerebbe ricevere? La risposta era lampante, anche perché nessun altro a Padova lo faceva”
“Abbiamo iniziato ad utilizzare la macchina e a consegnare un po’ dappertutto: Mestrino, Selvazzano, Piazzola Sul Brenta, San Giorgio in Bosco, Dolo, Albignasego, Maserà, Rovigo. Il locale, prima che lo ammodernassimo durante il periodo Covid, era diventato il laboratorio dove attraverso gli schermi di tre computer, ognuno connesso con un canale social diverso, prendevamo gli ordini. Abbiamo lavorato anche di notte, per soddisfare tutte le richieste”
“La scuola che ho fatto (Istituto Alberghiero), ti collega molto bene con il mondo del lavoro, ma non ti dà le basi per intraprendere un progetto personale. C’è bisogno di molto sacrificio. Questa avventura è iniziata quando avevo 14 anni ed ora ne ho 23, il tempo è stato il maestro che mi ha insegnato a lavorare. Ho svolto la stagione a Cervinia, con la scuola ho fatto degli stage a Padova e Parma, che poi mi hanno portato a formarmi anche all’hotel Bulgari di Milano”
“Sono molto soddisfatto di tutto quello che ho fatto finora. Non sono arrivato da nessuna parte, perché la strada da percorrere è ancora lunga e in salita, ma sono veramente orgoglioso del mio percorso. Ho visto dei colleghi prendere ispirazione dal mio lavoro, c’è chi ha cominciato a puntare sulla comunicazione, c’è chi ci segue ogni giorno, facendo tesoro di quello che vede, per poi reinterpretarlo in chiave personale”
“Prima di iniziare a lavorare qui, ho svolto svariati stage in alcune pasticcerie di Padova, durante quelle esperienze mi è stato “suggerito” un po’ di tutto, tipo che non ero in grado di fare il pasticciere, che avrei dovuto continuare a fare solo foto, ma c’è da dire che tutte queste critiche poco costruttive non mi hanno scoraggiato e a distanza di anni chi è rimasto fermo nel suo lavoro senza evolvere non sono di certo io”
“Ho sempre fatto fatica a guardarmi indietro, ad avere un po’ di fiducia in me stesso. Ma caspita i risultati oggi ci sono, perciò mi sono un po’ tranquillizzato. Il tempo è sempre stato un grande problema, la necessità di essere sempre sul pezzo. Il Covid è stato artefice del mio percorso di crescita: in quel momento ho ridimensionato un po’ tutto,. Come in tutti i percorsi di crescita arrivano sempre delle bastonate, a volte ci si ritrova a doversi relazionare con chi ti fa delle “bastardate” e a 23 anni mi è difficile entrare in questa dinamica, fatta a volte di invidia e poca condivisione. Farsi le scarpe non porta mai a nulla di buono. Il segreto per me è sapersi differenziare, come ho provato a fare io”
“Il Pasticciotto che avevamo anni fa era un prodotto surgelato, poi mi sono reso conto che sarebbe stato meglio produrlo artigianalmente. Ho rotto le scatole a mio padre ed è uscito fuori un dolce buonissimo. È tutto artigianale, non può essere meccanizzato, ha una pasta troppo morbida per cui devono essere utilizzate le mani per produrlo. Non mi stuferei mai di questi dolci, il Pasticciotto appena sfornato ha un profumo incredibile, lo mangerei tutte le mattine”
“L’anno scorso abbiamo spedito panettoni in tutta Italia. E’ stato strano perché è partito sempre tutto da Instagram: una piccola percentuale di persone mi segue anche da fuori Padova. Una signora pugliese si era innamorata del nostro packaging che aveva delle luminarie leccesi simili a quelle della sua azienda e ne ha comprati 15 da regalare a Natale. L’ultimo centinaio di panettoni siamo stati costretti a venderli senza scatola, perché erano finite. Molto spesso ci chiedono se siamo un franchising ed io tutte le volte sono costretto a dire che l’attività è mia. Non ci sono degli investitori e soprattutto non ho alcuno studio di comunicazione che mi segue, ci sono solo io dietro”
“I miei genitori fanno parte di questo progetto, mi supportano e mi guidano. Mi riportano con i piedi per terra quando c’è bisogno di farlo. Io e mio padre lavoriamo sempre insieme, prepariamo tutto in un laboratorio di 170 mq ad 1 km da qui, dove sotto c’è la produzione e sopra l’ufficio e il magazzino”
“Adesso abbiamo un nostro bacino di utenza con determinate aspettative riguardo ai nostri prodotti, per cui voglio sempre garantire il meglio ai miei clienti. A me quello che interessa offrire è una buona colazione: i miei dolci mi piacciono e sono quello che vorrei trovare se mangiassi in un altro locale”
“Non voglio dedicare tutta la mia vita al lavoro. La vita è una. Ho iniziato da giovanissimo a formarmi, a 14 andavo a scuola e poi tornavo qui a lavorare. Ho iniziato ad inserire gli aperitivi all’interno dell’offerta da circa un anno. Ho fatto capire ai miei genitori che avere del personale aiuta molto, abbiamo ridotto l’orario di apertura, perché abbiamo cercato di ottimizzare il tempo. Da me si lavora il giusto. Ci sono pasticcerie che fanno lavorare troppo e ho amici che sono scappati da quel logorio. Non si possono alienare le persone, chi lavora male produce dei prodotti discreti (ma non buoni) ed è pure insoddisfatto”
“Per me è molto importante la famiglia. Il legame che ho con loro. Il locale ha aperto prima con mia madre, che per me è sempre stata una fonte di ispirazione e poi sono subentrato io. Chi ci segue ha conosciuto prima la famiglia del San Michele, poi Cristina e Rosita. I miei colleghi non si raccontano, forse per timidezza. Per me è invece importante mostrare chi c’è dietro il San Michele”