Giulia Briata è un’ attrice padovana con una solida formazione teatrale, arrivata a lavorare nel mondo del cinema e della televisione. Una bellezza acqua e sapone che nasconde un carattere deciso e grintoso, oltre ad un talento ed una determinazione che la porteranno molto lontano…anche se, come ci ha rivelato, difficilmente sarà disposta a lasciare la sua amata Padova!

“Sono cresciuta a Ponso, un paesino di 2000 anime in provincia di Padova. Ho quindi frequentato il liceo scientifico di Este insieme ad altre persone che come me hanno poi avuto una carriera teatrale: Stefano Fortin drammaturgo, Alessandro Businaro, regista, con una vita tra l’Italia e la Francia e Caterina Soranzo, assistente di produzione per Romeo Castellucci. Abbiamo frequentato tutti lo stesso corso di teatro, anche se in annate diverse e secondo me è stato un po’ un porta fortuna”
“Sono vegetariana da quando avevo 16 anni, lo sono diventata alle superiori, quando il mio professore di filosofia mi regalò un libro intitolato “L’intelligenza degli animali”. Scegliere cosa mangiare per me è una scelta politica, perché con ciò che mangio sostengo determinate realtà piuttosto che altre. E’ stato un risvegliare la mia coscienza, capire il mondo che si muoveva intorno a me e in quale modo io potessi poi decidere di approcciarmi a lui. Dal 2021 ho deciso di diventare vegana. Credo che sia stato un passo fondamentale verso me stessa, perchè ora sono nella dimensione più aderente alla mia persona. Sento di aver trovato la quadra con me stessa e di essermi indirizzata nel mio percorso”

“Ho da sempre avuto il desiderio di fare l’attrice. Quando da piccola mi facevano disegnare cosa volessi diventare da grande, dividevo in due il foglio: da una parte disegnavo un’attrice e dall’altra una baby-sitter. Lavori che poi ho effettivamente svolto! Un film che mi piace ancora oggi e che trovo molto bello è il “Batman” realizzato da Tim Burton in cui c’era Catwoman interpretata da Michelle Pfeiffer. Chiesi a mia madre, che aveva studiato come modellista e stilista, di cucirmi il costume per travestirmi da Catwoman”
“Era un vestito talmente curato e simile all’originale che ancora oggi lo ricordo come se fosse ieri. Mia madre si era superata e mi aveva pure realizzato un frustino, che appena varcata la soglia della scuola mi era stato requisito (sorride)”
“Ma a parte questo ricordo, sempre da bambina, continuavo a rievocare nella mia cameretta la scena in cui Michelle Pfeiffer muore e tutti i gatti le ridanno vita trasformandola in Catwoman. Ed è forse proprio grazie a quella personificazione che ho scelto cosa sarei diventata da grande”
“In quinta liceo, mi sono trovata a dover prendere una scelta sul mio futuro. Mi ero indirizzata verso una laurea in Logopedia, dato che la mia professoressa di inglese mi aveva dissuaso dall’iniziare Lingue convinta del fatto che non avrei trovato lavoro. Durante i miei esami di maturità, un mio compagno di teatro mi disse che voleva provare l’Accademia Carlo Goldoni del teatro stabile del Veneto. Si stava esercitando per poi provare a sostenere i provini e mi chiese di accompagnarlo.
Al tempo ero ancora alle prime armi come attrice, per cui non credevo di avere chissà che possibilità. Invece io sono stata presa e il mio amico purtroppo no, una classica legge di Murphy. Poi sono arrivata anche a frequentare l’Università, che ho iniziato con qualche anno di ritardo, decidendo di laurearmi in Mediazione Linguistica”
“Il cinema e il teatro sono proprio due mondi differenti. Le skills che ti dà uno, poi le puoi utilizzare nell’altro. Amo molto il teatro poiché il percorso che svolge il personaggio che interpreti è continuo, è un sentiero di crescita e c’è bisogno che tutto si articoli in un determinato modo. L’attore si abitua a recitare una performance con una certa durata. Nel teatro la voce va proiettata verso un punto della sala, deve essere spinta e bisogna articolare bene le parole, perché in alcuni punti il teatro è sordo”
“Sul set cinematografico o televisivo invece la voce deve rimanere più bassa e tutto deve essere rimpicciolito. Quando si recita Shakespeare a teatro, tutto deve essere molto più fisico: le varie emozioni devono essere intuibili anche tramite le azioni del corpo. Bisogna saper stare in scena. Mentre la stessa performance fatta al cinema diventerebbe troppo caricaturale, per cui sul set bisogna togliere molto rispetto al teatro e puntare su una postura più sottile.
Mi piace mettermi alla prova sia con il teatro che con il cinema”
“Ci sono delle sfide sul set che a teatro sono meno faticose. A teatro puoi fare un training preparatorio dietro le quinte o determinati esercizi che ti aiutano a recitare la scena. Questo sul set non succede: da un momento di relax dove ti stanno truccando, nel quale stai parlando e scherzando, ti ritrovi subito dopo entrare in scena, dove magari devi piangere o compiere delle azioni in cui bisogna esprimere emozioni negative, tipo rabbia, paura, angoscia. Emozioni totalmente differenti dal tuo reale mood. Per cui devi trovare il tuo spazio di preparazione, di training, in maniera veloce e autonoma, per arrivare a quello stato emotivo”

“Nella fiction “Un passo dal cielo” ho la scena dell’interrogatorio, che è stata spezzettata in varie riprese per una questione di inquadrature. Sono arrivata sul set e la prima scena che mi hanno fatto girare è la confessione, dove appunto dichiaravo di essere io l’assassina. Non è stato facile riuscire ad entrare subito nella parte, senza conoscere bene tutto lo staff, ma l’ho presa come una sfida piuttosto stimolante. E’ stata una delle mie prime esperienze importanti in quell’ambito, per cui mi sono impegnata davvero al massimo e per me è stato come un battesimo del fuoco”
“A dicembre 2022 andrà in onda su Netflix un rifacimento di una serie norvegese chiamata “A Natale con uno Sconosciuto” che in Italia si intitolerà “Odio il Natale” nella quale ho un piccolo ruolo. E’ una serie molto carina, che è stata in parte girata a Chioggia”
“Per fare l’attore devi prenderti cura del tuo corpo. Devi costruirti tu un tuo training, frequentare laboratori, metterti in discussione per continuare a crescere. A volte alcune interpretazioni sono piuttosto provanti dal punto di vista fisico, poiché è facile ritrovarsi a dover compiere movimenti ai quali non si è abituati”
“La memoria si allena in automatico. Per imparare un copione mi aggiro intorno al testo, ma non riesco ad affrontarlo finché non arrivo alla timeline, è una cosa che mi porto dietro dalle superiori”
“Le prove aiutano molto, riesci ad avere già una infarinatura del testo. Riprovando le scene ti rimane impresso il copione, le parole automaticamente si imprimono nella memoria. Il trucco è crearsi dei collegamenti o dei link mentali. Infatti quando si conosce il percorso del ragionamento che si sta facendo, mentre si dice una cosa, se lo si ripercorre, le parole automaticamente tornano in mente”
“Insegno teatro, la sera ho due corsi annuali fissi: uno ai carichi sospesi a Padova e l’altro a Vigonza presso il teatro Quirino De Giorgio”
“Adoro vivere a Padova, in Italia non la cambierei con nessuna città. Facendo questo lavoro c’è sempre una certa pressione, conosci tutti i tuoi colleghi ed è normale sentirsi sempre messi a confronto. C’è come la sensazione che dovresti fare di più. Stando a Padova, mi estraneo da questo senso di competitività che è amplificato in città come Milano o Roma”
“Padova è una realtà piccola, che mi dà quello di cui ho bisogno, è a misura d’uomo ed facilmente praticabile in bici. Conosco i vari circuiti e quindi ho questa percezione di sentirmi a casa, che mi dà un senso di protezione.
Vivere qui mi permette di stare nel verde e di godermi le varie attività in cui potersi ritrovare con gli amici”
