Marco e Pippo

L’essenza dell’umorismo veneto: Marco e Pippo ci raccontano la storia del loro trio, guidandoci alla scoperta della comicità nostrana. Mescolando italiano, dialetto veneto, visual comedy ed improvvisazione, Marco e Pippo riescono a fare della risata l’espressione più spontanea mai provata!

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Marco:
“Tutto nasce dalla mamma e il papà di Gaetano, poi mia mamma e mio papà e poi la mamma e il papà di Pippo, da lì siamo nati”

Pippo:
“Siamo nati artisticamente nel 2005, come Marco e Pippo. Nel 2011 si è aggiunto anche Gaetano, dal momento che stavamo cercando una terza persona per uno spettacolo. Abbiamo chiamato molte persone però, purtroppo nessuno poteva. Alla fine abbiamo trovato il contatto di Gaetano in rubrica e l’abbiamo contattato – anche se pensavamo fosse un’altra persona. Alla fine lo abbiamo preso: così è nato il nostro magico trio (ridono)”

Gaetano:
“E’ molto emozionante ascoltare la storia che rievoca come mi hanno scelto!” 

Pippo:
“Ci siamo trovati bene da subito. Dopo il primo spettacolo abbiamo capito di essere tre personalità diverse – ed è tutt’ora così. Le nostre differenze si completano perfettamente, creando un tutt’uno omogeneo e artisticamente stimolante. Abbiamo deciso di proseguire in tre!”

Marco:
“Abbiamo conosciuto Gaetano all’inizio del nostro percorso, quando partecipavamo ad un laboratorio nella sede dell’ex Banale, chiamato “Raccolta differenziata”. Si trattava di un programma che  andava sulle retei locali. Era molto bello, vivo e si collaborava con grandi artisti. Abbiamo avviato questo programma come Marco e Pippo, mentre Gaetano recitava in un altro gruppo. Ci piacevamo umanamente, artisticamente e fisicamente: soprattutto sulla base di questo, la nostra scelta è ricaduta su Gaetano. (Ride) In questo modo abbiamo iniziato a collaborare, con l’occasione di proporre uno spettacolo per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia”

Gaetano:
“Lo spettacolo si chiamava “Centoc’incanta” ed è stato l’embrione della nascita del trio. Io parlavo ancora in italiano e in dizione. Il mio insegnante di teatro mi ha detto di avermi disconosciuto dopo aver lavorato gli ultimi dieci anni con loro (ride). È stata una partenza che è servita per comprendere veramente ciò che diceva Pippo prima: artisticamente siamo completi perché siamo molto diversi tra noi. Ci siamo detti: “Perché non fare un altro spettacolo?” Ed è da anni che andiamo avanti con questa frase: “facciamone un altro

Pippo:
“Abbiamo paura di essere come quelle coppie che, dopo moltissimi anni insieme, decidono di sposarsi e divorziano. Centoc’incanta, grazie allo spunto dell’Unità d’Italia, intavolava un discorso incentrato sulla diversità: la vera bellezza nasce solo quando si è tutti diversi

Marco:
“Non solo la diversità degli italiani, ma anche la nostra: l’eterogeneità del gruppo fa sì che ci sia qualcosa di vivo, qualcosa di bello”

Gaetano:
“Prima di entrare a far parte di Marco e Pippo, ho partecipato ad altri spettacoli con un’altra formazione comica, come ad esempio a Zelig Off! Facevamo un genere che si chiama “Visual Comedy”, che consiste in una tipologia di comicità senza parole. Il fatto stesso di essere muta fa sì che sia universale e, potenzialmente, fruibile da tutti. Ma è un genere che, purtroppo, in Italia non va molto:  “Ma poiché a noi tre piace moltissimo” – Marco e Pippo “A ti te piase…” (piace a te…) – “abbiamo deciso di inserirne un pezzetto in ogni spettacolo. Aver fatto questo è, per noi, una vittoria di cui andiamo particolarmente fieri. Quando 10 anni fa  proponevamo la Visual Comedy alle sagre e, nel completo silenzio, sentivamo urlare “Una piadina al prosciutto! Numero 55!”, rischiavamo molto (ride)…”

Marco:
“Ci piace mettere in scena quello che ci diverte e a noi divertono molte cose! Cerchiamo di proporle tutte”

Pippo:
“La base di partenza è sempre far ridere e, per questo, prendiamo spunto da ciò che – in primis – fa ridere noi. Non rincorriamo i trend, perché non fanno ridere. Il nostro obiettivo è di rendere sempre più comprensibile la nostra comicità, sia ai veneti che agli altri. Negli ultimi anni, ad esempio, è nato Alberigo Fuffa, un personaggio ispirato a Federico Buffa il giornalista-narratore di storie sportive, che nella nostra versione racconta la storia dei veneti che non sono diventati famosi. La figura di Jean Pierre il nostro parrucchiere, è invece ispirato al personaggio nazionale Federico Fashion Style

Gaetano:
“In questo caso ci piaceva l’idea di riportare un personaggio di caratura nazionale, qui, in provincia. L’obiettivo era mostrare che quando un personaggio nazionale viene in provincia talvolta è spaesato sì ma poi si adatta. Anche perchè se come clienti hai Elsa e Luisa – i personaggi che interpretiamo – può anche esser figo ma quei xe i clienti che te trovi” (quelli sono i clienti che trovi)

Pippo:
“Infatti il negozio si chiama L’Atelier del Cavejo perché non può fare grandi cose. Coiffeur per il veneto vuol dire che l’è uno a diese metri de distanza (è una persona a dieci metri di distanza, vicina)”

Marco:
“Fra di noi ci divertiamo sempre. Non siamo attenti all’esigenza del pubblico, par na roba negativa, ma in realtà non è così perché siamo attenti a divertirci noi tre. Ridiamo e poi la portiamo in scena: modifichiamo la scena finché non è di nostro gradimento. Tendenzialmente, se non ci convince, non va in scena. Fin tanto che non facciamo lo spettacolo che a noi sembra perfetto, continuiamo a lavorarlo. Credo che questa sia la più grande attenzione che si può rivolgere al pubblico. Faccio quello che piace a me per portare a te – spettatore – la cosa più bella che potevo fare in quel momento. Magari dopo dieci repliche è ancora più bella, quindi è meglio che uno torni!”

Gaetano:
Questa è una forma di rispetto anche per il pubblico stesso, perché porti sempre il meglio di quello che puoi offrire. Sta al pubblico decidere se piace o meno, è comunque sempre giusto offrire il massimo e noi lo facciamo. E, nel farlo, ci divertiamo tanto

Pippo:
“La frase del pubblico di solito è: “Bello lo spettacolo, ma ancora pi beo quando ve si messi a ridere voialtri! (Bello lo spettacolo, ma ancora meglio quanto vi siete messi a ridere per davvero voi tre)”

Gaetano:
“In tanti ci chiedono: “Ma xe veri i momenti che ve fa ridere (sono veri i momenti in cui ridete): sono verissimi! Manteniamo sempre un 20% di improvvisazione, perchè ci piace, anche per prenderci in castagna in qualunque momento”

Gaetano:
“All’inizio era difficile per me che provenivo da dieci anni di teatro più classico. I primi spettacoli con loro mi spiazzavano: era una situazione completamente diversa da quella cui ero abituato”

Pippo:
“Perché, cosa c’è di strano a far spettacoli dentro il tagadà, con la sagra ad un centimetro?”

Gaetano:
“Appunto… (ridono) Lì devi rimanere concentrato, rimanere sempre sul pezzo e, soprattutto, non scoraggiarti. Ma è stato sempre semplice, perché tra noi c’è molta sintonia. A volte basta solo uno sguardo per capirci e proseguire”

Pippo:
“Il momento più difficile credo sia stato, come per tanti, il covid. Avevamo disegnato un bellissimo percorso con molte tappe. Ad un certo punto, semplicemente, è svanito tutto”

Marco:
“Avevamo delineato perfettamente il percorso e non si trattava di un percorso generico: era IL PERCORSO!

Pippo:
Si trattava del percorso che ci avrebbe fatto proseguire, crescere ed evolvere. È arrivata la pandemia e ci siamo bloccati, come tutti. Questa situazione ci ha messi in crisi: non potendo programmare, l’unica soluzione è capire come aspettare. Abbiamo deciso di aspettare facendo qualcosa, nei limiti imposti dalla situazione. Per rimanere in contatto con la nostra comunità abbiamo fatto qualche diretta divertente e iniziato a fare moltissimi video”

Gaetano:
“La frase “Think less, smile more” cioè “Preoccupati meno, sorridi di più” è da sempre il nostro motto: in quella situazione era l’unica soluzione possibile per poter continuare a fare ciò che sapevamo fare”

Marco:
“Abbiamo continuato a creare, che è la parte più importante del nostro lavoro”

Gaetano:
“Abbiamo realizzato una serie bellissima di video che si chiama “Zio Ueb” affiancati da un regista importante: Enrico Lando. La pandemia era appena finita e quel periodo ci era servito, come diceva Pippo, per metterci in moto in un modo diverso. Abbiamo deciso di non piangerci addosso e fare ciò che si poteva fare. Siamo stati bravi anche a cambiare linguaggio: ci siamo buttati sui video e su un “linguaggio” che non conoscevamo benissimo. Certo, i video già li facevamo, ma non con la stessa attenzione. Così abbiamo studiato, sperimentato, e modificato parte del nostro stile per adattarlo al meglio a questo “nuovo” strumento. E pian piano siamo diventati sempre più bravi” 

Marco:
“Oggi le cose vanno insieme, di pari in passo: video e live. Solitamente chi si esprime attraverso i video, poi non trova la possibilità di esprimersi dal vivo. Noi avevamo il problema opposto e l’abbiamo risolto”

Pippo:
“All’inizio le persone ci dicevano che cosi le aiutavamo moltissimo: eppure, aiutavamo in primis noi stessi. In un periodo così deleterio, cercavamo di far ridere tutti, iniziando con noi”

Gaetano:
“Anche il fatto di non esserci visti per mesi è stato difficile”

Marco:
“In quel momento ci legava solo il computer: l’obiettivo era trasformare quel legame, da solo virtuale a reale”

Gaetano:
“Ci sono stati tantissimi momenti belli, ma poter tornare a fare spettacoli dal vivo è stato davvero impagabile. Quando siamo tornati al Geox, con il titolo “Finalmente live”, vedere il pubblico è stato come rivedere la tua fidanzata dopo tanto tempo

Marco:
“Lavorare in Veneto, da veneto, è più facile. Da esterno e a prima vista, invece, non credo che si possa notare il nostro senso dell’umorismo. Non credo che il divertimento sia qualcosa che normalmente si associa alla nostra regione: non da subito per lo meno. Dopo gli spettacoli e i concerti noto tantissimi artisti che sono impressionati dalla bellezza dei veneti. Anche se è un luogo dove si lavora tanto, ci si diverte altrettanto. E, ovviamente, non solo perché si beve! In Veneto sappiamo goderci la vita. Stiamo scoprendo molte parti del Veneto che non conoscevamo. Incontriamo sempre persone meravigliose. Non so come sia lavorare nel resto d’Italia, ritengo che il bilancio finale sia dettato molto da come si pone l’artista rispetto al suo pubblico”

Pippo:
“In tutta Italia, sicuramente, ognuno ha la propria comunità. È bello stare nel proprio territorio perché puoi proporre un linguaggio che le persone riconoscono come proprio. L’artista locale sa sicuramente come arrivare al cuore del pubblico. La cosa che a noi piacerebbe, e che stiamo iniziando a fare, è saper raccontare il Veneto e i Veneti anche a chi Veneto non è. Non vogliamo uscire dal Veneto per adeguarci ad una comicità nazionale. Questa è la sfida che vorremmo portare avanti. È chiaro che non si potrà parlare in dialetto stretto, ma non è un problema. Fa parte della sfida di riuscire a raccontare la tua specificità. Se venisse qui un siciliano a fare uno spettacolo e mi raccontasse della Sicilia, mi saria contento, (sarei contento) dal momento che sono curioso di conoscere il suo mondo”

Gaetano:
“Alla fine è ciò che hanno fatto per tanto tempo i comici napoletani, romani, milanesi o romagnoli. Non si tratta di snaturare la nostra cifra stilistica, ma di raccontarci fuori dai nostri confini

Marco:
Mi sembra di notare un po’ di fermento sui social rispetto al Veneto. Dopo tutto, è una regione davvero molto turistica e piena di possibilità. Ha il mare, le montagne, le colline, i laghi e città come Venezia. Ha qualsiasi cosa: chi viene qui, non può che star bene

Gaetano:
“Ci sono state anche situazioni diverse. Quando ci siamo conosciuti, ai tempi del Banale, c’erano strutture locali che permettevano l’aggregazione di comici. Questo manca, adesso. 

Marco:
“Penso che i comici di altre regioni abbiano avuto nel tempo più possibilità e opportunità di arrivare a livelli nazionali e sui canali più frequentati. Si sono fatti conoscere maggiormente. Penso, per esempio, ai comici napoletani o romani. 

Gaetano:
“Ripensando ai comici veneti più conosciuti, mi viene in mente Lino Toffolo, Natalino Balasso, l’Anonima Magnagati, Carlo e Giorgio. Non sono moltissimi i comici veneti, che hanno avuto il meritato successo, e questo non significa che siano meno bravi, anzi! Lino Toffolo ad esempio è stato un’icona e un maestro per tutti, veneti e non, precursore del gioco degli stereotipi sul Veneto. Probabilmente, da questo punto di vista, hanno avuto più fortuna altre regioni”

Marco:
“Forse è perché il veneto è abituato ad arrangiarsi da solo per fare qualsiasi cosa. La mancanza di unione fa sì che non ci siano gruppi di persone. Non si trovano compagnie omogenee, come invece è semplice trovare nella scuola romana. In Veneto, bisogna pescare nelle realtà singole. Credo che ci sia molto da raccontare della tradizione e del locale. Questa è una buona base e fa sempre molto ridere il pubblico. Dobbiamo sempre modernizzare il linguaggio, altrimenti si rischia di essere ripetitivi”

Pippo:
“La caratteristica chiave di ogni regione? Per il romano essere il caciarone, per il siciliano il fannullone (vedi Ficarra e Picone), per il napoletano il calcaion che fa casin, per il romagnolo che xe un po’ sborone, il genovese è tirchio”

Marco:
“Il milanese ha l’arroganza, ma sono ovviamente macro-caratteristiche”

Gaetano:
“Uno potrebbe chiedersi quale sia quella del Veneto…”

Pippo:
“Il bere, il Veneto è un imbriagon (ubriacone) (ride)

Marco:
“Tutti dicono “Ma quanto bevete e bestemmiate in Veneto!”. Nessuno dice “Ma quanto è bello il Veneto!”. Forse dovremmo portare in giro qualcuno che, bestemmiando e bevendo, faccia vedere la bellezza del territorio!”

Pippo:
“Invece che “vedi il territorio” potrebbe intitolarsi “bevi il territorio”!”

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Marco:
“Per il futuro, sono previsti tour nei teatri del Veneto e non solo! Nella stagione autunnale e invernale continueremo attivamente a pubblicare sui social, con qualche succosa novità. E poi… abbiamo un sogno nel cassetto.

Pippo:
“Vorremmo riuscire a fare uno spettacolo all’Arena di Verona, vorremmo riempirla di spettatori!”

Gaetano:
“Magari prima che io faccia i cinquant’anni o in occasione di questi. Cussì ne approfittemo e femo feston!” (così ne approfittiamo e facciamo una gran festa!)

Pippo:
“Cossa no se fa pur de risparmiare…”

Marco:
“E poi, vorremmo un giorno realizzare un film. Magari con un regista bravo!”

Pippo:
“Al momento stiamo lavorando con un autore che si chiama Carlo Negri. Quando lo abbiamo conosciuto gli abbiamo detto: “sai che tu un giorno lavorerai con noi?”. Lui si è messo a ridere, sbeffeggiandoci con i toni del tipico milanese”

Gaetano:
“Poi, di fronte ai soldi ha deciso di dire di sì. Scherzo, gli siamo piaciuti molto”

Marco:
“Ora lavora con noi e, ogni volta, ci ricorda questo aneddoto. Lui aveva riso come se io avessi detto a Leonardo di Caprio che, tra due anni, avrebbe lavorato con noi”

Pippo:
“E poi, perché dovrei voler lavorare con Leonardo di Caprio? Non farebbe neanche ridere in Veneto!”

Marco:
“Si parla di spettacolo come lavoro, perché è effettivamente così. Le persone dovrebbero riconoscere la fatica che questo lavoro comporta. Non esiste improvvisazione: ciò che improvvisi sul palco è frutto di fatica e di lavoro. È importante che questo messaggio venga recepito, perché la dedizione che bisogna avere è totale ed estrema

Gaetano:
“Se un bambino vuole fare l’artista da grande, la famiglia non deve pensare che non potrà mantenersi: bisogna farglielo fare bene in modo che possa avere la possibilità di mantenersi in questo modo”

Pippo:
Metti via comunque tanti schei, papà de sto buteo, perché i primi anni… (metti via molti soldi, papà! Perché i primi anni saranno duri…)”

Marco:
“Oggi si può essere un grande artista, guadagnare a sufficienza per spaccare a legna e scaldarsi con na stufa (spaccare la legna e scaldarsi con una stufa!)

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