Passione, arte e professionalità: questo definisce Michele Mastellaro. Il restauro è la conservazione della memoria, è ciò attraverso cui preserviamo la forma delle cose che non ci sono più: l’arte che fa rivivere mobili e oggetti del passato. Riportare alla luce mobili antichi vuol dire rievocare l’anima di un ricordo, richiamare al presente emozioni dimenticate.

“Mi chiamo Michele Mastellaro, ho 41 anni e sono nato in bottega fra la polvere e la segatura.
Questa è un’attività di famiglia, l’ho ereditata da mio padre e prima ancora di mio nonno, che non ho conosciuto, ma so che faceva questo mestiere, fa parte del nostro DNA. Ho cercato inizialmente di distaccarmi da questa tradizione di famiglia, perché mi sentivo intrappolato in un percorso che sembrava prestabilito: spesso in Veneto c’è la tendenza da parte dei genitori a introdurre i figli nelle imprese familiari. Quella di mio padre, a mio parere, sembrava un suicidio perché è un’attività artigianale a bottega, ho sempre pensato che potesse credere che la mia aspirazione fosse quella di diventare un artigiano.
Il suo sogno in realtà era che io mi innamorassi di un mestiere, c’è voluto un po’ di tempo ma alla fine ha funzionato”
“Il mio percorso scolastico è stato formativo fino ad un certo punto; frequentavo il liceo artistico, passavo le estati in bottega lavorando per mio padre, avevo quindi un’infarinatura del lavoro e portavo sempre qualche mio amico per cercare di far passare il tempo, così da poter coinvolgere anche altre persone (a volte ci facevamo dei tatuaggi con lo sverniciatore!), questo accadeva circa 25 anni fa”
“Dal momento che amo dipingere e disegnare, mio padre mi ha sedotto con l’idea di disegnare sui mobili, il problema è che dipingere i mobili non lascia molta libertà: sei vincolato a degli stili. Capitava così che io dovessi dipingere un paesaggio Settecentesco o una dama, le grottesche e così via. Ho iniziato a dipingere armadi e credenze: in quel periodo c’era molta richiesta di questo genere di lavori, quindi mi sentivo appagato, erano soprattutto gli stranieri a richiedere mobili di questo tipo, ad esempio alle fiere. I mobili venivano creati con l’idea di renderli più possibile simili all’originale, non creavamo dei falsi, cercavamo di renderli simili ai mobili Settecenteschi e li rivendevamo ad un antiquario”
“L’idea che questi mobili circolassero tra gli Stati e che tutt’ora ci siano in giro dei pezzi creati da me mi piace molto, è stato il motivo che mi ha spinto a rimanere qui. In realtà, nel periodo post-adolescenziale (che è durato fino ai 35 anni!), ho cercato di fare altro, ma questo lavoro è un mondo dalle mille sfaccettature, non è mai troppo ripetitivo: faccio il commerciale approcciandomi ai clienti lungo tutta la commissione del lavoro, gestisco l’aspetto amministrativo e burocratico, recentemente anche la parte di marketing e comunicazione, poi c’è il lavoro in sé manuale”
“Durante la fase commerciale a volte vado ai mercatini, lì conoscono clienti nuovi e folli collezionisti, creo degli oggetti miei che vendo sul momento e sul posto”
“In questo negozio lavoro io, mio padre mi dà ancora una mano come collaboratore familiare e si occupa del privato. Negli ultimi 10/15 anni mi sono dedicato a seguire delle imprese di restauro che mi passano lavori più grandi, ad esempio lavori di cantiere come Chiese e rovine antiche. Le imprese di restauro generalmente non curano la parte in legno, si occupano principalmente degli affreschi, delle parti in muratura, degli stucchi e della messa in sicurezza, quindi, per ciò che riguarda il legno, di cui sono costituite molto parti della Chiesa (la cantoria, le bussole, le casse dell’organo) e che sono delicate e si rompono facilmente in caso di terremoti, mi occupo di progettare ricostruzioni e trovare pezzi per sostituzioni e, se il lavoro è troppo e non riesco a svolgerlo autonomamente, incarico qualcuno dell’intaglio”
“Mio padre quindi segue più il privato rimanendo in bottega, lavoriamo insieme a Gianmaria e Mauro, che sono nostri dipendenti, abbiamo anche un paio di tirocinanti che vengono mandati dalle scuole tipo ENAIP, ad Este ce n’è una costituita come un triennio per diventare tecnico del restauro, una è a Piazzola, un corso simile è a Venezia, tutti questi corsi richiedono la frequenza di due/tre mesi in un’azienda per acquisire le capacità pratiche. C’è un ottimo interscambio fra noi e loro, ognuno ha le proprie caratteristiche e qualità e in questo tipo di lavoro ci sono molte strade per arrivare ad uno stesso risultato su un restauro, non c’è un percorso prestabilito, vedere le preferenze degli altri nella strada da seguire è sempre interessante. Si trovano poi quelli più bravi nell’intaglio, quelli che preferiscono la verniciatura o la ricostruzione di parti in falegnameria, ognuno porta il proprio apporto”
“Sono diventato titolare dell’azienda nel 2010, fino ad allora lo era mio padre. Inizialmente il laboratorio si trovava in via Pietro Liberi, è stato lì per una decina di anni, successivamente ci siamo spostati nel cuore dell’Arcella, nel capannone accanto a quello di Tony Gallo. Quando ci è stata fatta la proposta di acquistare quel capannone abbiamo valutato con cura, la struttura era vecchia ed eravamo molto nascosti, per questo motivo avevo iniziato a investire su Internet con la comunicazione attraverso i social e il sito web. Ero molto indeciso se comprare o lasciar perdere, alla fine ho lasciato perdere e ho trovato questo posto a Sacro Cuore e da tre anni siamo qui. Abbiamo scelto la posizione in Sacro Cuore perché si rimane sempre all’interno di Padova e abbastanza vicini alla città: in centro sarebbe stato troppo scomodo e le zone industriali sono troppo asettiche per questo tipo di lavoro. Qui c’è un valore aggiunto, lo spazio è una barchessa del Seicento con un bel giardino, le persone quando entrano qui sono colpite e non vorrebbero più andarsene”
“Il lavoro qui è triplicato, in parte grazie alla posizione strategica, in parte perché ho continuato a investire sulla comunicazione, grazie a questa ricevo chiamate per restauri anche da Torino o Firenze. La rete di lavoro è molto estesa, anche grazie alle aziende per cui lavoro abbiamo lavorato a Mantova e Como. Inoltre abbiamo lavorato per l’Università di Padova per il restauro delle sale di Gio Ponti in subappalto, collaborando con l’azienda Arte e Restauro. Per me sarebbe per me stato un sogno mettere mano alla cattedra di Galileo, ma non tutto è possibile”
“Ci sono oggetti con cui ho un legame fin da subito, altri che disprezzo (ride). Molto dipende dal tipo di legno, alcuni sono molto pregiati, altri più semplici, che personalmente preferisco, come l’abete, il larice, legni considerati poveri che nel Settecento e nell’Ottocento venivano usati solo come telaio per sostenere una cartella di legni più pregiati. Ora questi legni sono stati rivalutati perché meglio si sposano con il gusto contemporaneo di arredamento.
Un oggetto è come se mi volesse raccontare una storia. È bello soffermarsi a osservarlo prima di iniziare il restauro per cercare di capire perché è stato costruito in un certo modo, mi piace immaginare chi l’ha progettato e spesso sugli oggetti si trovano scritte in cui è indicato chi lo ha costruito, in che anno e chi ci ha messo mano successivamente; talvolta i restauratori, molto fieri del proprio lavoro, applicano targhe in ottone con il proprio nome e l’anno del restauro, noi lo facciamo solo per i lavori più grandi e importanti”
“L’utilizzo degli oggetti non è sempre scontato, alcuni oggetti hanno anche degli scompartimenti segreti: spesso troviamo al loro interno degli oggetti: a volte sono preziosi come le monete antiche, altre volte lettere, si trova di tutto. Quando i mobili vengono portati dai clienti, non acquistati da noi, controlliamo insieme a loro che non ci siano oggetti e tutto ciò che troviamo viene poi messo in un sacchetto e riconsegnato”
“C’è un forte rapporto con il passato, una lunga ricerca e indagine, sia per quanto riguarda la storia dell’oggetto che per quanto riguarda i materiali. Creiamo una pagella in cui cerchiamo di capire se i restauri precedenti sono stati fatti bene o male: in una ribaltina abbiamo inserito un tassello, abbiamo cercato di intercettare lo stesso tipo di legno e la venatura perché speriamo che un giorno, quando qualcuno dovrà operare un nuovo restauro, non giudichi male il nostro lavoro”
“Il nostro lavoro si trasmette di mano in mano tra sconosciuti. Molti dei mobili più di pregio sono tramandati dalle famiglie nobili attraverso le generazioni. Altri mobili sempre di pregio sono stati acquistati dai genitori o dai nonni nei primi del ‘900 ma il mobile era stato costruito nel ‘700, quindi prima lo possedeva qualcun altro. È divertente anche solo pensare come fossero vestite le persone all’epoca di quel mobile, oppure, per gli armadi capienti, pensare che dentro forse poteva essersi nascosto qualcuno!”
“Ultimamente sto provando ad abbracciare una mentalità più giovane. Molti ragazzi non hanno la stessa mentalità di persone che sono puriste di un certo tipo di mobile: se ereditano un mobile non di grande valore dei primi del ‘900 o degli anni ’50, insieme al cliente valutiamo delle laccature o customizzazioni per renderli diversi ma mantenendo la struttura di un mobile appartenuto alla famiglia. Il legno all’interno mantiene un passato e una storia”
“Il mio sogno è lavorare anche all’esterno, anche se sono molto legato al territorio e molto tradizionalista. I sogni, alla fine, ti permettono di staccarti dalla realtà e fantasticare. Sogno di lavorare a restauri di mobili negli Stati Uniti, oggetti che non conosco anche a livello di stili e mobili importanti all’estero”
“Due lavori che abbiamo fatto recentemente che ci hanno dato molta soddisfazione sono stati una boiserie in una villa sulla riviera del Brenta e un bureau del ‘700 che abbiamo ricostruito. Erano inizialmente due mobili con vetrina, posti specularmente su una parete, ma uno dei due è stato rubato, quindi ne abbiamo costruito uno a immagine e somiglianza del restante, rendendoli indistinguibili l’uno dall’altro. Abbiamo ricostruito anche tutto il soffitto che aveva subito un’infiltrazione e abbiamo reintegrato una tela che era andata completamente distrutta. Ho dovuto anche ridipingere dei fiori che si muovevano in modo stagionale, la stanza in cui erano dipinti era frequentata da D’Annunzio e Fogazzaro e dalla contessa proprietaria della villa. Vedere le foto di come era prima e rivederlo alla fine, sapendo tutto il lavoro e il tempo che è stato speso per questo, ha dato molte soddisfazioni”
“Un altro lavoro interessante è stato un coro ligneo di Bondeno di Gonzaga, in una chiesa frequentata da Matilde di Canossa. Era un coro del ‘600 che dopo il terremoto è stato trafugato, mentre la chiesa era inagibile. Dopo circa due anni gran parte del coro è stato recuperato a Milano da un antiquario, tuttavia alcuni pezzi ancora mancavano. Il lavoro è stato affidato a noi, abbiamo ricostruito in laboratorio tutto ciò che c’era e le parti mancanti sono state ricostruite nuove. Mi sono procurato del legno di noce nazionale, della stessa misura e colore dell’originale. Lo abbiamo lavorato, intagliato, e una volta giunti sul posto abbiamo rimontato tutto”
“Sono obbligato a informarmi rispetto alla storia degli oggetti. Da un lato le linee, le gambe e le forme di certi mobili, così come i tipi di legno usati, appartengono a determinati stili storici che abbracciavano anche l’architettura dell’epoca. È necessario essere informati sugli stili a cui appartengono gli oggetti che restauri, soprattutto quando bisogna ricostruire qualcosa, ad esempio una gamba in Liberty, Art Nouveau, eclettico ecc.
Bisogna conoscere le essenze dei legni perché quando si integrano parti mancanti i legni devono coincidere o almeno le differenze non devono essere visibili”
“Preferiamo avere sempre a che fare con una clientela che è a conoscenza di ciò che possiede, se non lo è cerchiamo di educarla. Abbracciamo la filosofia dell’ecosostenibilità, spieghiamo il lavoro ai clienti, che ereditano mobili magari tarlati e che non sanno cosa farne, cercando di affascinarli e mostrare quanto un mobile meriti di essere restaurato. Siccome ci sono alcune lavorazioni molto complesse come ad esempio la lucidatura a tampone o gomma lacca, se una persona non la capisce potrebbe criticare il fatto che non risulta perfetta o che si vedono i segni. La differenza dal farlo industrialmente con la verniciatura a spruzzo è che una riduce i tempi ed è un prodotto dannoso per l’ambiente, sintetico, mentre l’altro (la gomma lacca), è alcolica, si utilizzava già nel ‘700 e viene tutt’ora applicato nello stesso modo, questo vogliamo spiegare ai nostri clienti. Alcuni lavori possono essere fatti sul momento, come una gamba di una sedia che va semplicemente incollata nuovamente. Ci sono invece cose più rovinate che richiedono più tempo”
“Siamo sostenibili perché gli alberi che sono stati utilizzati per costruire questi mobili ormai sono stati abbattuti, invece di buttarli in discarica è bene recuperarli: ricevo una chiamata al giorno da persone che ereditano e vogliono disfarsi di mobili, passo gran parte della mia giornata a convincere le persone che tenerli è una buona idea. Le integrazioni fatte da noi sono sempre fatte con legno vecchio, compro il legno dai solai, acquisto legno vecchio e lo recupero, vado raramente a comprare tavole nuove. Utilizziamo prodotti all’acqua, meno nocivi possibile. Purtroppo però i tarli dobbiamo ucciderli, non siamo ancora riusciti a educarli a uscire! (ride)”
“Non voglio invecchiare all’interno di una bottega, questo è ciò che hanno fatto mio nonno, mio padre e molti degli artigiani che ho conosciuto. Sono più propenso ad immaginarmi con un chiringuito a Fuerteventura a fare kite surf (ride). Il mio lavoro è molto zen, se si accetta ciò che si fa, si vede la bellezza degli oggetti che si trattano. Un mio progetto non realizzato è quello di introdurre le tecniche proprie della street art nei mobili e nell’arredamento. È sicuramente qualcosa che esiste già, ma ci ho sempre pensato. Vorrei quindi utilizzare i mobili come una tavolozza”

Mathilde Sorice
Matilde Bicciato