“Sono seduto qui a far niente ma mi accorgo di non perdere tempo”. La vita scorre veloce, incoronando a pieni poteri il dovere di sottostare alla predominanza degli impegni. L’Anfora – osteria padovana dedicata alla riscoperta del sapore autenticamente veneto – crea un luogo in cui il tempo frena la sua inarrestabile fuga.
Osteria l’Anfora
(Alberto Grinzato)

“Sono Alberto Grinzato, sono arrivato a Padova nel 1979 e ho aperto l’Anfora nel 1992, trent’anni fa. Prima di aprire questo luogo, ho svolto moltissimi altri lavori: il lucidatore d’argento, il camionista, il portiere d’albergo, il cameriere d’albergo… Ho fatto parecchie cose negli anni. Per molto tempo, con un mio amico, ho avuto un furgoncino con cui trasportavamo l’allestimento per i negozi di Stefanel e Benetton. All’età di trent’anni sono entrato in una cantina – la cantina di Tricesimo di Catoni – dove si stavano adoperando nel travaso del vino, il Re Fosco. Ricordo un profumo meraviglioso, avvolgente. Quel giorno mi sono portato a casa sei bottiglie e, nonostante io non avessi mai bevuto in vita mia, mi sono piaciute”
“Poco dopo, con Francesco – il mio socio del lavoro di trasporto allestimenti – ci siamo espressi la volontà di aprire un’enoteca. Abbiamo aperto in Riviera San Benedetto: era un negozio molto piccolo, eppure bellissimo. All’interno si trovavano archi cinquecenteschi… era una vera chicca. Così abbiamo cominciato a lavorare. Purtroppo non era redditizio a sufficienza per permettere ad entrambi di svolgere solo quel lavoro, così abbiamo dovuto scegliere. Insieme abbiamo constatato che chi, per primo, avesse trovato un altro lavoro, se ne sarebbe dovuto andare. Con mia moglie trovai il luogo dove ci troviamo ora e, con un amico, l’abbiamo acquistato. Abbiamo acquistato il locale nel 1992 e lo abbiamo inaugurato il 4 dicembre dello stesso anno. Francesco rimase in quel negozio ed io compravo da lui il vino. Non abbiamo mai avuto discussioni”
“L’Anfora è sapori, profumi, odori, passioni e desiderio di far star bene le persone. Desiderio che questo sia un luogo dove le persone possono rintanarsi, sentirsi sereni e mangiare bene. Voglio che questo sia un luogo di ristoro e di ritrovo. Chi entra qui, per forza prende confidenza con il luogo e con me. Ho un rapporto di amicizia e personale anche con molti miei fornitori, nello specifico con i vignaioli”
“Per quanto riguarda il cibo, sono partito col proporre le pietanze che conoscevo sin da bambino. Quei profumi, quei sapori che hanno formato la mia idea di cucina. Ho sempre mangiato molto bene in famiglia: questa è stata la mia base di partenza. Poi ci siamo evoluti, ma tenendo come costante la ricerca dell’autenticità del sapore. Non usiamo additivi, non usiamo il dado: usiamo le erbe, le spezie per insaporire prodotti che sono già, di partenza, di ottima qualità. La mia infanzia è costellata di pietanze fondamentali: il coniglio al rosmarino e aglio, lo spezzatino con il vino rosso, gli spaghetti alle vongole, la minestra di fagioli, le trippe, la faraona al forno, la gallina “imbriaga“… Tutti piatti straordinari che costituiscono la storia della cucina e, nello specifico, del rapporto che ho avuto con la cucina familiare. In particolare, la cucina che ha come base il cortile”
“Ritengo che la differenza fra noi e gli altri locali è che questo luogo non è un ristorante, nel senso classico del termine. La nostra è una piccola cucina: cuciniamo ogni giorno, prepariamo le pietanze seguendo i ritmi di una cucina casalinga, non usiamo i prodotti confezionati. Abbiamo ancora sei fuochi a gas, non abbiamo i termo-ventilati, non saprei neanche come lavorare con quelle attrezzature. Noi cuciniamo per molte ore, le classiche preparazioni lunghe. Non c’è nulla di riscaldato, nulla di pronto. Desidero che il locale rimanga così, che l’impostazione sia questa anche quando non ci sarò io. L’unica evoluzione che prevedo è quella che qualcuno prenda il mio posto e porti avanti l’Anfora per com’è oggi”
“Il locale si chiama così perché qui dentro c’è un’anfora che proviene dagli scavi di Riviera Ponti Romani, appartenente al II secolo dopo Cristo. L’ho trovata qui quando sono arrivato, me l’ha donata Franco Gasperini. Ho anche subito un processo per il possesso di quell’oggetto, mi avevano denunciato per ricettazione. Inizialmente mi avevano condannato a quindici giorni di galera e quattromila euro di multa. Poi sono stato assolto, dal momento che non avevo commesso nessun reato. Il problema è durato per molto tempo. Ho richiesto che venisse portata via ma non è stato possibile, dal momento che io ne sono il custode ufficiale. Adesso, finalmente, è tutto risolto: l’anfora è mia e rimane qui con noi”
“Essere un’osteria significa che si inizia alla mattina presto e si finisce la sera tardi di lavorare. La mattina bisogna avere un banco abbastanza fornito per le persone che vogliono mangiare qualcosa e vogliono bere una buona ombra di vino”
“Iniziamo le mattine con il pollo fritto, la frittata, i calamari, le polpette: si tratta di una colazione salata. Anche i dolci, e sono di nostra produzione ovviamente. Le mattine iniziano così. Non abbiamo cornetti o tramezzini. Abbiamo i cicchetti, quelli che si trovano nelle osterie. Questa proposta è tipica, antica. Adesso non ce ne sono più di luoghi come questo, ci sono le enoteche, che però di mattina non offrono nessun servizio. Noi offriamo tutto quello che è di giornata”
“Abbiamo assistito a diversi cambi generazionali ma, fortunatamente, una generazione non sostituisce l’altra. Ci si mescola: gli anziani conoscono i giovani e si intrattengono tra loro. È un passaggio molto gradevole da osservare, quasi commovente. I giovani che non sono abituati a mangiare in questo modo, riescono comunque ad apprezzare la nostra proposta. Non si tratta solo di proporre del cibo, ma di offrire uno stile di vita, una mentalità. I gusti delle persone sono cambiati, spesso tra i più giovani. Ricordo quel giorno in cui un giovane mi chiese uno shottino e io non sapevo cosa fosse. Noi, qui, abbiamo le ombre, le birrette. Serviamo anche gli spritz, certo, ma non è il nostro prodotto fondamentale”
“I nostri piatti… Il baccalà alla vicentina, gli spaghetti alle vongole, i tagliolini alla busara, broccoli con le acciughe, verze e salsiccia – che prendiamo fresca direttamente da San Martino di Castrozza – pollame, spezzatino, e via così. La nostra cucina racconta Padova e racconta il Veneto. Scegliamo solo prodotti di alta qualità. Cerco le cose più buone. La carne viene scelta accuratamente: prendiamo quella proveniente dalla Fattoria delle Origini, che è biologica. I formaggi vengono dalla malga. Cerco di lavorare con prodotti che, già in partenza, sono buoni. Lavoro con i vini delle cantine: mi piace conoscere i proprietari. Con alcuni di loro sono molto amico e li scelgo da molti anni. Mi piacciono i vini dei Colli Euganei, del Trentino, Friuli… principalmente del nord Italia. Sono un fedele: i fornitori di oggi sono gli stessi di trent’anni fa. Cerco di trovare aziende che lavorino bene, che siano veramente biologiche, che offrano prodotti di qualità”
“Siamo un locale storico e ne sentiamo l’autorità. A me, personalmente, sembra di aver aperto ieri. Certo, c’è più stanchezza oggi di allora, ma non è qualcosa di pesante. È una grande soddisfazione. Ancora oggi ho la sensazione di poter e dover sbagliare e di dover imparare. Sono sempre pronto ad imparare. In tutti questi anni ho sentito molte storie. Con i clienti c’è amicizia, c’è confidenza, ma anche mutuo soccorso al bisogno. Siamo umanamente presenti”
“La cucina contemporanea? Non so cosa sia! Noi facciamo piatti di pasta da un etto e mezzo”
“Per me la cucina è passione. Qualcosa che deve far star bene, che deve far felici. È qualcosa di fondamentale per la vita. Anche il vino! Dobbiamo ricercare il meglio, perché quello che mangiamo è quello che siamo. Più è naturale, più è buono”
