Orsucci è la pizzeria di una volta, in cui il tempo sembra essersi fermato. Un punto fermo che connette e collega le diverse generazioni di buongustai della pizza. Un luogo cult di Padova in cui – oltre ad assaggiare una deliziosa pizza realizzata seguendo la storica ricetta toscana – si apprezza un’intera storia di vita familiare giunta fino ad oggi.

“La pizzeria Orsucci nasce nel 1922 da mio nonno che nel 1920 era venuto a Padova a fare il militare, sono arrivati fino a qui, perché in città c’era il reggimento con i cavalli ed in Toscana i ragazzi erano tutti in grado di cavalcare e gestire quel tipo di animale. Ai quei tempi, la Toscana era molto era molto povera e rurale, non c’erano le fabbriche che invece erano presenti al nord. Perciò mio nonno assieme ai suoi amici, decise di fermarsi qui, così aprirono tre forni dislocati in tre punti strategici della città: qui in Prato, in Arcella e in via Savonarola. Ma l’unico forno rimasto è quello di Orsucci”
“Noi siamo originari di Altopascio in provincia di Lucca, infatti la nostra pizza proviene dalla tradizione toscana, si fa nella zona costiera o sull’isola d’Elba, in generale nei posti di mare. Si chiama “pizza al testo” dal nome del piatto che si mette sotto, fatto di alluminio alimentare. Già da ragazzo, mio nonno, faceva questo lavoro in Toscana. Questa pizzeria divenne subito a conduzione famigliare: lavorarono mio padre, mia madre ed infine io”
“La pizza negli anni ’20 era una cosa molto esotica, la maggior parte della popolazione padovana non viaggiava molto, quindi non conoscevano bene la pizza, che proveniva dal centro-sud Italia. Mio nonno inizialmente lavorava molto più con il castagnaccio, che è un dolce povero fatto con la farina di castagne, che dava un poco di dolcezza costando meno dei generi di pasticceria (il castagnaccio di Orsucci è fatto con la farina di castagne della Garfagnana, impastata con acqua, un pizzico di sale, olio d’oliva e prima della cottura si aggiungono i pinoli e l’uvetta, dopodiché si mette in forno caldo e spento. La legna usata è di rovere e faggio). Man mano proponendo anche la pizza, questa ha preso piede, finché non c’è stato il boom che esiste tutt’ora”
“Per i padovani Orsucci rappresenta la tradizione, prodotti semplici e per lo più genuini dal momento che continuiamo la tradizione dei padri. È un posto altamente democratico: in questa pizzeria vengono i supermiliardari così come i più poveri, tutti passano di qui e tutti sono accolti nello stesso modo”
“Gli interni della pizzeria sono stati rifatti negli anni ’70. D’estate il forno veniva chiuso e si produceva il gelato per tutta l’estate: avevamo un laboratorio di gelateria e vendevamo all’esterno con due banchi, per questo motivo abbiamo le mattonelle bianche nel negozio, in gelateria e pasticceria erano obbligatorie”
“A fine giugno Orsucci compirà cento anni, ed io li sento tutti anche qualcuno in più. Si tratta di un lavoro totalizzante, la passione è fondamentale per poterlo portare avanti. Il lavoro non si riduce al momento in cui il locale è aperto e si fanno le pizze, c’è una lunga preparazione che parte dalla mattina, ci sono gli acquisti e le scorte da fare, la contabilità sempre più complessa”
“Anche in Toscana la pizza tradizionale sta scomparendo. Rispetto a quella napoletana richiede il doppio del tempo di lavorazione e cottura di conseguenza molti che in Toscana la facevano si sono riconvertiti a quella napoletana. La pizza napoletana è la più conosciuta perché c’è stato un flusso migratorio più consistente da Napoli, ma ci sono tantissimi tipi diversi di pizza in Italia.”
“Nella nostra pizzeria non si può prenotare un tavolo perché la pizza nasce come cibo povero, da strada”
“Per questa sua forma ‘mordi e fuggi’ a Napoli esiste la pizza fritta, che veniva fatta con dei forni mobili a spalla in refrattario; i pizzaioli andavano nei quartieri, appoggiavano il fornetto a spalla, lo accendevano, avevano gli impasti pronti che friggevano nello strutto e servivano così, per strada.”
“La pizza Toscana ora si trova solo lungo la fascia costiera, a Livorno, a Pisa, all’Isola d’Elba, a Lucca e pochi posti in centro. Fra dieci anni se i toscani volessero mangiare la vera pizza toscana dovrebbero venire a Padova!”
“L’idea che gravita attorno alla pizza si è molto modificata rispetto a secoli fa. In origine era il cibo del popolo, doveva essere nutriente, sana, buona, economica e veloce da mangiare.
Tante trattorie e ristoranti si sono convertiti a pizzeria negli anni ’70-’80 per motivi economici.”
“Trovo che le pizze gourmet che ora si trovano in giro siano scelte commerciali, si tratta in ogni caso di un tipo di evoluzione della pizza che però io non condivido e trovo che abbia poco a che vedere con la filosofia antica della pizza. Chiaramente il mercato richiede cose diverse e se la pizza è buona va bene comunque”
“Ai giovani che vorrebbero fare i pizzaioli consiglio di lasciar perdere i corsi di falsa formazione e imparare sul posto, l’unica cosa che insegna davvero è l’esperienza. I corsi aiutano, tutto aiuta, ma ciò che è fondamentale sono la voglia, la passione e l’esperienza”
“Mia moglie lavora al mio fianco tutto il giorno, il rapporto è buono, l’importante è nascondere i coltelli a casa (ride). Siamo sempre stati insieme, io sono nato qui in pizzeria, lavorativamente parlando, lei invece faceva tutt’altro però ha imparato tutto subito ed è diventata bravissima ed è un’organizzatrice eccezionale. Ci siamo conosciuti in discoteca una sera, lei conosceva il forno arcellano e prima di incontrarmi non era mai venuto al mio. Il vantaggio di lavorare con la persona giusta è innegabile, lo svantaggio è che ti porti il lavoro anche a casa (sorride di nuovo)!”
“La pizzeria è storica, abbiamo visto crescere almeno 3-4 generazioni padovane, letteralmente, li abbiamo visti venire qui da bambini fino a che hanno portato anche i loro figli. Ci si sente vecchissimi! Ma fa anche molta tenerezza”
“La nostra tradizione nasce dai clienti, è la clientela che decreta la longevità di un locale. È più difficile mantenere la fama e il successo piuttosto che raggiungerlo, perché si può raggiungere sull’onda della moda e della curiosità della gente, ma poi mantenerlo è difficile, si è sempre sotto esame”
“Ho molti bei ricordi legati a questa attività. Una coppia di nostri clienti è venuta qui per il loro primo appuntamento: lei non era di Padova, quindi aveva bisogno di un punto di riferimento sicuro, lui le ha indicato la nostra pizzeria. Dopo il primo appuntamento hanno continuato a frequentarsi, si sono innamorati e sposati e ci hanno invitati al loro matrimonio! Alcuni nostri clienti sono diventati nostri grandi amici, altri clienti non lo diventeranno mai, ma li vogliamo bene lo stesso”
“Nella mia vita ho perso tanti treni, non sarei mai stato un buon capostazione. Però è anche inutile avere rimpianti, la vita è un po’ come i fiumi, che si scelgono da loro il proprio corso, puoi intervenire e compiere delle scelte ma prosegue come vuole; gli errori sono umani e sono all’ordine del giorno”
“Non ho mai pensato di ingrandire Orsucci, in compenso mi sto ingrandendo io (guarda la sua pancia e sorride). Ho sempre desiderato mantenere questa tipologia di spazio perché questo è il forno toscano della pizza lucchese. Mi hanno proposto spesso dei franchising ma credo che seguire le cose nel piccolo permetta che vengano fatte bene, anche se è sempre più difficile soprattutto in questi periodi complicati per i costi, la burocrazia e le difficoltà. Tutto sommato se uno guadagna di più cosa se ne fa?”
“Orsucci fra 10 anni avrà qualche ruga in più ma sarà sempre affascinante! Non so realmente come sarà, molto dipende anche dalle normative che verranno…talvolta le nuove normative rendono le cose molto difficili e non tengono conto delle tradizioni enogastronomiche italiane. La tradizione italiana è impareggiabile e millenaria, il signor Apicio nel I secolo d.C. scriveva già ricettari grossi un palmo, mentre gli altri ancora mangiavano cinghiale crudo. Le normative stipulate a livello europeo sono difficili perché non tutti i paesi dell’Unione hanno la stessa sensibilità verso il cibo, la difficoltà è sempre quella di fare leggi che valgano per tutti. Noi cerchiamo semplicemente di sopravvivere ai cambiamenti storici”
“Per i cento anni di Orsucci ho in mente qualcosa di straordinario, ma a numero ristretto. Vorrei dormire fino a mezzogiorno, per me questo sarebbe davvero straordinario!”
“Ho abbracciato completamente il mio lavoro e lui ha abbracciato me, è una sorta di lotta libera, alla fine però dà grandi soddisfazioni”
“Alcune pizze sono state aggiunte con l’evoluzione dei gusti, senza andare sul gourmet, ma la clientela padovana è comunque esigente e aperta alle novità quindi qualche piccola modifica va effettuata. La mia pizza preferita è quella con l’acciuga. Noi usiamo ancora le vecchie acciughe sotto sale come si usavano una volta, che paradossalmente non fanno venire sete perché vengono lavate, pulite e deliscate, si mangia solo il filetto. La sete da acciuga viene con le acciughe sott’olio, essendo oli scadenti quelli usati per la conservazione. Mio nonno una volta faceva solo la pizza margherita e con l’acciuga. La pizza tipica di Orsucci potrebbe essere la puttanesca perché è una salsa che in Toscana si usa anche per la pasta e non credo siano in tanti a farla. È come una all’aglio, ma più evoluta e sofisticata, ma non è la più richiesta”
“Il glossario Orsucci è stata una bella esperienza. Quattro nostri clienti, giovani professori universitari del settore di Storia e Lettere, hanno inventato un linguaggio particolare per descrivere alcune situazioni che accadono qui da noi. Mi hanno fatto una chiavetta USB con questi files per scherzo. Avevamo un lavoratore che lavorava e contemporaneamente studiava agronomia, collaborava con una Onlus che piantava alberi a Padova e provincia da svariati anni (Onlus Spiritus Mundi). Dal momento che il glossario ci piaceva tanto l’abbiamo fatto stampare sotto forma di libricino, chi vuole, con un’offerta libera anche minima può acquistarlo e contribuire alla Onlus. L’anno scorso abbiamo addirittura vinto il premio letterario Colpo della Strega con questo libro! È stato un lavoro corale perché una cliente che fa illustrazioni per libri per ragazzi ci ha regalato le illustrazioni”
“Un esempio dal glossario è la parola Miracolo, ovvero quando Paola fa lo sconto!”
