Studio Bleu
(Chiara Di Benedetto, Valeria Cappelli, Andrea Meneghetti)

La cultura è il filo rosso che connette gli esseri umani, il linguaggio il mezzo delle salde unioni culturali.  Trasmettere la conoscenza e saperla diffondere a pubblici sempre diversi: questo l’obiettivo di Studio Bleu. Le esigenze sono diverse e la comunicazione si piega ad ognuna di essa per mano di chi la governa. Chiara, Valeria ed Andrea ci hanno introdotti al loro complesso lavoro, raccontandoci la storia della loro attività.

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Chiara: “Tutto è nato quando ancora eravamo studenti all’università, perché in fondo il desiderio di creare e trasformare saperi in un’energia culturale ce l’avevamo da sempre. All’università è stato un progetto nato tra amici, l’associazione culturale “Bas Bleu” che in francese vuol dire “calzini blu”. Oggi siamo cresciuti e siamo diventatiStudio Bleu, il nostro lavoro effettivo. Al tempo eravamo quattro persone e tutti frequentavamo l’università insieme. Il sogno era che questo potesse diventare il nostro lavoro, come è effettivamente successo”

“Abbiamo la fortuna di essere complementari, perché c’è una persona che segue tutta la parte economica, una persona che segue i progetti editoriali e tutta la parte redazionale, chi si occupa di grafica, e io nello specifico che ho sempre avuto l’intuizione nello sviluppo dell’ideazione di contenuti e di progetti possibili. Da un lato abbiamo questa fortuna, dall’altro abbiamo portato avanti le esperienze lavorative che abbiamo fatto negli anni in altre organizzazioni e abbiamo maturato queste competenze”

Chiara: “È arrivato poi il momento in cui ci siamo guardati e abbiamo pensato che quella che era solo un’associazione non ci permetteva di fare tutto quello che potevamo fare. Quindi abbiamo pensato che fosse il momento in cui questo sarebbe diventato il nostro lavoro vero. Abbiamo preso tutto il resto che c’era e l’abbiamo convogliato insieme in quello che è diventato “Studio Bleu”. Abbiamo tenuto il “Bleu” dell’associazione “Bas Bleu” perché è importante la continuità: l’associazione culturale, tra l’altro, continua ad esistere a fianco dell’attività di studio. È una continuità necessaria in un certo senso, perché se siamo qui è in virtù di un percorso che abbiamo fatto come singoli, ma soprattutto come team, e che ci ha portato oggi a esplorare queste piste. È vero che ora stiamo lavorando qui, ma a 25 anni l’idea era quella di creare cultura, non pensavamo di riuscire a creare cultura nel campo della conoscenza scientifica”

“Questo è avvenuto anche grazie alle esperienze che ci capitano nella vita: io, ad esempio, mi sono laureata in comunicazione, ho fatto un dottorato di ricerca e dopo sono andata a lavorare all’Istituto Nazionale di Astrofisica.  Il mio interesse per le scienze c’è da sempre, tanto che quando ho dovuto scegliere l’università non sapevo se fare comunicazione o medicina: adesso riesco a leggere chiaramente questo ponte tra scienza e comunicazione, ma al tempo vedevo solo uno sdoppiamento di interessi. Andai all’Istituto Nazionale di Astrofisica perché mi era arrivata la proposta da un nostro professore universitario per un ruolo nel campo della comunicazione. In quel ruolo ho avuto l’occasione di scoprire molte cose: innanzitutto ho ritrovato Valeria, anche lei all’Istituto di Astrofisica”

“Ci siamo trovate a fare insieme un’esperienza su scala internazionale, l’anno mondiale dell’astronomia, e lì abbiamo dovuto organizzare eventi in tutto il mondo. Abbiamo viaggiato molto e conosciuto tante realtà, a quell’età impari in maniera incredibile. Dal Sud Africa, all’Egitto, all’Europa, abbiamo visto anche tanti modi di sviluppare comunicazione e creatività. Siamo stati coinvolti in progetti molto belli, come con la Disney, con la quale abbiamo creato un gioco in scatola sulla Luna”

“Abbiamo avuto delle opportunità che ci hanno permesso di vedere da un lato come lavoravano gli altri e dall’altro scoprire quanta creatività e possibilità ci sia nel mondo accademico e scientifico. Forse è stata questa la vera scoperta per me: se all’università mi avessero detto: “Farai comunicazione dell’astrofisica”, avrei risposto che avevano sbagliato persona, invece è in quel mondo lì che mi si è aperto un orizzonte e che mi ha fatto pensare di aver trovato tutti gli ingredienti che mi piacciono nei progetti: l’ascolto e il lavorare insieme, il cosiddetto partenariato”

“Troppo spesso si pensa che fare comunicazione e divulgazione riguardi solo il mondo dell’informazione, trasformare dei contenuti per dare un’informazione corretta. Però la comunicazione della scienza che facciamo noi gioca su un altro campo, che non è quello di prendere il contenuto e trasformarlo in informazione corretta, ma è farci nascere dei progetti creativi, che avvicinino le persone a questo mondo”

“Nessuno di noi è giornalista: spesso si pensa che chi lavora nel campo della comunicazione della scienza debba essere un giornalista scientifico, in realtà il nostro campo è un altro. Dopo quella grossa esperienza in INAF (Istituto Nazionale AstroFisica), tutti ne abbiamo avute molte altre: io ho lavorato molto nel campo della salute globale, in particolare con un’associazione che è “Medici con l’Africa”, il CUAMM, per cui seguivo i progetti che erano di public engagement e sensibilizzazione”

“Ho sempre avuto un’attenzione a quel tipo di comunicazione che è la sensibilizzazione, che sia sociale o scientifica. Il tipo di indirizzo è stato questo: quando inizi, la strada si fa camminando tante volte. Con “Studio Bleu” sono nate tante collaborazioni con singoli ma anche con associazioni, come il lavoro fatto per il parco delle Dolomiti di Paneveggio e delle Pale di San Martino, con cui abbiamo avuto un incarico per sviluppare i materiali di sensibilizzazione sui temi della biodiversità”

“Senza andare a trovare tutte le sottigliezze, la parola chiave del nostro lavoro è quello che oggi si chiama “public engagement”. Questo è fondamentalmente quel modo di fare comunicazione che non è solo promuovere e informare, ma è proprio creare delle attività di sensibilizzazione: siano eventi, campagne di sensibilizzazione, materiali, libri. Il public engagement è più diffuso in campo culturale, molto meno in campo scientifico. Forse, mi vien da dire, la nostra intuizione è stata prendere il marketing culturale e portarlo nel campo della scienza”

“Valeria veniva da anni in Mondadori ed esperienze in campo editoriale, mentre Andrea veniva da collaborazioni nel campo dell’arte, come la Biennale di Venezia e la Galleria Nuova Icona di Venezia. Io venivo da quello che vi ho detto, la passione per l’arte ce l’ho sempre avuta, tanto che le mie prime pratiche di lavoro sono state alla collezione Guggenheim di Venezia”

“Spesso il mondo della scienza la competenza in questo campo ce l’ha fino a un certo punto, quindi bisogna fare strada. Credo che siamo arrivati al momento giusto con questa visione, nel momento in cui si faceva strada nelle università e nei centri di ricerca l’idea che bisogna lavorare tra professionisti diversi. Da solo, nessuno può far tutto: chi fa ricerca sarà anche un bravissimo ricercatore e può avere talento nel raccontare quello che fa, ma creare delle azioni di comunicazione strutturata è un’altra cosa”

“Noi pratichiamo un lavoro dove ogni professionista porta il suo, in una visione di crescita degli ultimi anni della scienza, dove la divulgazione sta crescendo tanto. È una competenza di cui c’è bisogno: la pratichiamo ormai da tanti anni e quindi il salto che abbiamo fatto nel diventare uno studio professionale a tutti gli effetti risponde a questa esigenza. Infatti, oggi lavoriamo sia con enti di ricerca, come l’Istituto Nazionale di Astrofisica, sia con molte università, come quella di Padova, ma anche quelle di Milano, Teramo, Torino. Lavoriamo anche con parchi faunistici e naturalistici, come il Parco regionale del delta del Po, i Parchi delle Dolomiti e anche delle aziende che lavorano nel campo scientifico e hanno l’esigenza di attività di sensibilizzazione rispetto a temi importanti”

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Valeria: “Uno dei progetti editoriali ai quali stiamo lavorando è “Seconda Stella a destra”. Nasce dall’Istituto di Astrofisica, con la collaborazione di un astronomo che faceva comunicazione che è stato il nostro maestro perché ci ha insegnato moltissimo. Aveva fatto ricognizione dei luoghi del cielo a Padova, che fosse raffigurato, scolpito o dipinto, a dimostrazione di quanto fosse importante. Aveva catalogato oltre 300 luoghi, dalla stellina scolpita in una colonna, fino alla Cappella degli Scrovegni. È arrivato da noi con questo file dicendo: “Questi sono i luoghi, che cosa ne facciamo?”. Noi abbiamo colto la sfida ed è diventato “Seconda stella a destra”: una guida, anche nel formato, che porta in circa 30 luoghi della città con il cielo come tema, appunto”

“Ha un taglio assolutamente non astronomico, non per esperti, ma turistico, culturale e artistico: per i padovani, per i turisti, per scoprire la città in un modo diverso e praticare l’osservazione (concetto chiave dell’astronomia) con una chiave culturale e trasversale del termine”

Chiara: “Questa è diventata poi una collana: c’è stata Firenze e Palermo. È una guida, quindi un prodotto editoriale, ha mappa e visite guidate vere e proprie. Questo sempre per il fatto che non ci piace fare la divulgazione come sola trasmissione di informazione, abbiamo pensato di organizzare una presentazione, una conferenza con l’astronomo e poi abbiamo pensato anche ad altro: una visita guidata di un po’ di luoghi dell’itinerario, accompagnati dall’astronomo e una guida professionista. Ora esiste una vera e propria visita guidata che si chiama “Passeggiata con l’astronomo”, che ormai ha coinvolto migliaia di persone visto che sono anni che la facciamo a Padova. A Firenze la stanno proponendo con ritmi più ridotti, perché essendo qui noi non possiamo dare un supporto maggiore. E poi è nata anche la versione per ragazzi, che è stata illustrata: i luoghi sono più o meno gli stessi. Non siamo ancora nelle scuole, ma per il momento a Padova siamo in tutte le librerie indipendenti”

Valeria: “Vedendo anche il successo abbiamo deciso di aprire un filone di distribuzione, con il quale riusciamo a distribuire non solo a Padova. Abbiamo una rete con le librerie indipendenti delle quali curiamo la distribuzione, non solo per “Seconda Stella”, ma anche di altri prodotti editoriali. Ovviamente non vendono molto in grandi librerie, di più nei bookshop dei musei, in librerie indipendenti, negli spazi in cui c’è un rapporto diretto con il librario e un pubblico più attento. In alcune città, come Firenze, vendiamo anche a La Feltrinelli del Duomo, ma è un’eccezione. A Padova e in altri posti in Italia, vendiamo di più in altri spazi”

Chiara: “Noi abbiamo proprio l’idea, che per noi è anche il nostro modo il lavorare, che ognuno debba fare il proprio mestiere e che si lavori meglio in team. Per questo, a “La forma del libro”, dato che loro hanno anche un’agenzia di viaggi, abbiamo affidato le visite guidate di Padova. Noi sappiamo creare contenuti, ma poi fare la guida è una competenza ancora diversa. Dopo averli formati, sono loro che si occupano delle visite. A me piace dirlo, perché è proprio un modo di lavorare che è fare squadra in città, perché penso che si cresca di più e meglio insieme. Un conto è portare i miei amici e dire due cose, un conto è avere una persona che fa quello di mestiere. Credo che in quest’ultimo anno, in cui abbiamo lavorato molto su questo, anche i piccoli dettagli sono migliorati. Uscirà infatti a settembre la nostra nuova proposta di visite guidate, che sono anche più curate”

Studio Bleu - Padova Stories -13

Chiara: “All’università ho iniziato a lavorare dopo il dottorato di ricerca. Ho sempre avuto la passione per insegnare sebbene cercassi anche una realizzazione in un’attività professionale. Ho avuto la fortuna di incontrare per la mia strada chi ha capito e accolto il fatto che avessi questa inclinazione e mi ha spinta a fare la mia strada. Dopo qualche anno, ho trovato il giusto equilibrio con un incarico come docente a contratto, che porta la propria competenza all’interno dell’accademia, prima alla triennale in Comunicazione e poi negli ultimi anni alla magistrale di Strategie di comunicazione col corso di “scrittura per i media”. Da lì poi ho ricevuto anche altre proposte, quindi adesso insegno anche in Statale a Milano e ad Agripolis, in corsi scientifici e di medicina veterinaria comunicazione della scienza, nello specifico insegno “public engagement”

“Per il corso di “scrittura per i media”, in particolare, uso la scrittura per far entrare gli studenti nella costruzione di strategie di comunicazione: come si racconta un’organizzazione, come si crea una strategia per raccontarla, dove la scrittura ha un ruolo chiave”

“Entro da quel lato, poi porto lo studente a lavorare su come strutturare una strategia efficace: l’organizzazione, identificare i target, gli obiettivi e capire come si costruisce un tone of voice. Guardiamo casi pratici e ogni anno con un’azienda o organizzazione diversa costruiamo una vera strategia di comunicazione. Sono partita anche io da comunicazione, ho fatto esattamente quello che fanno gli studenti oggi, un passo dopo l’altro”

“Penso che a volte debba essere testimoniato cos’è il lavoro e come si costruisce e, a volte, penso che gli studenti oggi, proprio perché sono anni diversi da quelli che vivevamo noi, si mettano dei limiti da soli. Noi eravamo i pionieri della comunicazione, non c’era niente, eravamo i primi. A me piace, nell’insegnamento, portare tanti protagonisti, persone che io stimo e che possano testimoniare modi di fare comunicazione anche diversa da quella che faccio io, per dire che ci sono tante strade. A volte ho la sensazione che chi studia comunicazione oggi pensi che le strade siano poche. Le persone non sanno neanche cosa sia quello che faccio io, prima che lo racconti. Alla fine, qui c’è tanta possibilità, e se a me non fosse capitato, non lo avrei saputo. C’è quindi questo lato in cui bisogna raccontare come ci si inventa nel mondo del lavoro. Racconto anche che è necessario avere molte competenze e che bisogna maturarle. Quando si è un docente a contratto che quindi insegna in virtù del fatto di essere un professionista, come lo sono io, credo che si abbia il dovere di testimoniare quello che è un ruolo professionale e la sua etica”

Chiara: “L’attività dell’associazione “Bas Bleu” continua a lato di quella dello studio, “Studio Bleu”. Spesso è anche difficile scinderle, perché siamo le stesse persone con le stesse competenze che hanno portato l’associazione ad essere studio. Il confine tra l’una e l’altra spesso è difficile da trovare. Lo studio è uno studio associato. L’associazione invece continua a vivere in quelli che sono dei progetti territoriali, per cui ad esempio le visite guidate e le attività che facciamo a Padova”

“Come associazione, nasce anche il progetto di quest’anno, che abbiamo chiamato “Networking breakfast”. È stata un po’ una sperimentazione nel creare una comunità di chi fa cultura e chi fa comunicazione, che per me spesso viaggiano insieme, nel senso che chi fa comunicazione ha anche il dovere culturale di rappresentare quello che fa”

“Il nostro modo di costruire relazioni nasce spesso di progetto in progetto: le persone con cui lavoriamo tendenzialmente rimangono. Spesso c’è un passaparola in questi mondi: diciamo che ci piace coinvolgerli, proprio perché non vogliamo offrire solo servizi. Se abbiamo l’idea, quindi, di lavorare con un certo partner e magari abbiamo un piccolo progetto nel quale possiamo prevedere di coinvolgerlo, lo invitiamo e iniziamo a costruire relazione per guardarci da vicino. Nel nostro settore, se non hai un’affinità è molto difficile riuscire a raccontare quello che fai, perché per esempio parlare di una ricerca richiede che il ricercatore stesso si fidi e si affidi e non tutti vogliono o riescono a farlo. Spesso c’è quindi un coinvolgimento per lunghi periodi, nei quali ci si conosce”

“Come associazione siamo cresciuti nello scrivere bandi. Con tanti centri di ricerca, che sono settori dove magari non ci sono dei fondi già accessibili, si cercano dei finanziamenti altri, scrivendo i bandi insieme, dove si diventa a tutti gli effetti partner, ovviamente dopo averli conosciuti. Questo è il nostro processo, che è tipico di chi fa progettazione. Nella nicchia della comunicazione della scienza abbiamo importato il modello del marketing culturale, perché questo è il modo più comune alle associazioni culturali e di solito il meno comune nel mondo della ricerca”

“Sarebbe riduttivo chiamare “clienti” i nostri partner perché buona parte dei progetti sono proprio di co-progettazione. Noi possiamo elaborare i contenuti, ma poi abbiamo sempre bisogno della revisione di un esperto. La cosa bella è che poi si lavora davvero insieme: se io penso alle persone con cui abbiamo lavorato quest’anno, tutti docenti o ricercatori di discipline anche diverse, penso a dei processi in cui si lavora bene, in un clima di fiducia. Questo dimostra come con la comunicazione, se ti poni in modo costruttivo, puoi fare molto”

“Noi creiamo i ponti tra chi fa scienza e ricerca e i cittadini. Noi facciamo quello che facciamo perché possa arrivare agli altri. Se noi trasformiamo la scienza in una “cosa da piazza”, se noi organizziamo l’attività in un festival, se fabbrichiamo un gioco, allora diventa per tutti. Non significa democratizzare tutto a tutti i costi o rendere tutto facile, perché non dobbiamo banalizzare, però è il passaggio per far capire che la scienza è una forma culturale che appartiene a tutti. Si pensa che la scienza sia per pochi, di nicchia, invece la scienza è cultura. Noi diciamo che “trasformiamo la scienza in energia culturale”, perché per noi significa creare un’energia che arrivi alle persone”

Valeria: “Sicuramente nel futuro porteremo avanti i progetti che avranno un secondo passo con le persone con cui stiamo già lavorando, come il progetto con il Parco regionale del Delta. È stato un progetto di grande innovazione, tra il dipartimento di biomedicina di Agripolis e il Parco del delta del Po, per unire accademia e territorio, tramite incarico del dipartimento dell’università”

“Questo dialogo ha funzionato così bene, coinvolgendo trenta aziende, trenta stakeholder del territorio e ricercatori per varie tappe di tavoli di discussione e prototipi di turismo scientifico. I ricercatori si sono relazionati con gli stakeholder e in parallelo si è parlato di public engagement e turismo scientifico per il parco del delta, per coinvolgere anche le guide turistiche del luogo. Siamo arrivati lì in punta di piedi e abbiamo detto: “Guide, sedetevi al tavolo con noi e capiamo come possiamo far arrivare i ricercatori a realizzare dei materiali che facciano scoprire questo territorio da tante entrate”

Chiara: ”Questo, come altri progetti che hanno avuto una prima fase, li porteremo avanti. Ci saranno poi le guide di “Seconda Stella a destra” di Catania e, speriamo, anche Roma, e le collane che già esistevano crescono. Vogliamo anche provare ad aprirci alle scuole per le visite guidate, per far passare anche lì un modo possibile e diverso di approcciarsi alla scienza e alla cultura. A settembre seguiremo un evento per la notte dei ricercatori a Torino, con la loro università. Porteremo il “poetry for the planet”, che è un esperimento che abbiamo provato l’anno scorso”

“Ci era stato chiesto di arrivare ad un target di giovanissimi: guardando ai format culturali che attirano di più in questi anni c’è il poetry slam, per cui abbiamo pensato di fare una residenza di giovani artisti condotta da me e Lorenzo Maragoni  al Muse di Trento insieme a Medici con l’Africa per costruire un poetry slam sul cambiamento climatico. Ha funzionato molto bene e quindi lo adatteremo per realizzare una seconda versione con i climatologi dell’università di Torino, e sarà la serata principale della notte dei ricercatori il 29 settembre. Lavoriamo in maniera multicanale: dal poetry slam alle guide, agli itinerari scientifici. Noi abbiamo la competenza strategica, in alcuni casi anche la competenza interna, come nel caso del settore editoriale, mentre su tutta la parte performativa del poetry slam c’è ad esempio Lorenzo. Per altri progetti abbiamo altri collaboratori che fanno da referenti sulla tipologia di prodotto. Per il parco del Delta, ad esempio, se dovesse andare in porto, faremo un podcast con una coppia di Milano che di mestiere fa podcast. Ci piace lavorare con altri”

“Collaboriamo anche al Galileo festival, che dall’anno scorso si è scisso in due cose: il Galileo festival e la Settimana della scienza, curata da Pleiadi. Dall’anno scorso sono presidentessa di giuria del premio Piccolo Galileo, che premia i migliori libri italiani di divulgazione junior e young. Siamo 5 giurati: due del mondo scienza, una dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e una dell’Istituto di Oceanografia, due del mondo editoriale e io, che rappresento la comunicazione. Questo sarà a novembre: saremo in giuria e poi faremo per loro delle visite guidate, sempre con “Seconda Stella a destra”

“Con Galileo festival, in passato, abbiamo curato degli eventi insieme ad alcuni dei centri con cui lavoriamo in queste occasioni. Siamo presenti nei festival che ci sono nel territorio e non solo: è il terzo anno di fila in cui abbiamo degli eventi al Festival della scienza di Genova, che è il più grosso festival nazionale a tema”

“Per la Settimana della scienza a Padova a novembre abbiamo un evento molto carino sugli insetti, dove li faremo anche assaggiare. Lo avevamo portato a Genova l’anno scorso: Genova, per chi fa il nostro lavoro, è al top. Questo è anche un altro esempio di metodo che adottiamo nel lavoro: il ricercatore ci dice che sta lavorando su un argomento specifico e che ha dei risultati interessanti, e ci chiede se possiamo fare una conferenza: in questo caso, gli insetti come cibo per gli animali. A quel punto noi ci pensiamo e facciamo la nostra proposta: in questo caso, abbiamo pensato a una tavola rotonda dove prima le persone presenti in sala sono invitate ad assaggiare e poi assistono alla chiacchierata”

“A Genova abbiamo fatto moderare l’evento da una giornalista di Radio3 Scienza, mentre qui a Padova penso che lo modererò io o Valeria. Al tavolo ci saranno anche la ricercatrice e il direttore del museo Esapolis, il museo degli insetti a Padova, all’avanguardia in Italia. Ci piace inventare format!”

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