ValsuGirls
(Sofia Stefan e Margherita Fusaro)

Una palla ovale, due squadre da quindici giocatrici, due porte ad H e la voglia di vincere quando si scende in campo. Ragazze normali, studentesse e lavoratrici che esercitano uno sport così “tosto” dove si allena il rispetto per l’avversario, la cooperazione di squadra, i muscoli e il cuore. Le ValsuGirls sono impavide, sono unite e a ogni allenamento, a ogni partita, a ogni placcaggio, a ogni sostegno, danno un po’ di loro stesse, facendo della loro vita, la loro migliore partita.

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“Sono Sofia ho trent’anni, anche se non me li sento, gioco rugby al Valsugana e in Nazionale, sono anche il capitano delle ValsuGirls. Di lavoro faccio la preparatrice atletica e la personal trainer, quindi lavoro al centro tutti i pomeriggi e alleno varie squadre, anche la maschile. Sto finendo la mia magistrale, anche se diciamo che tra tutte le varie cose, non è la mia priorità al momento”

“Ho fatto il liceo scientifico, tuttora non so dirti cosa vorrei fare da grande. Sicuramente il mio sogno era fare l’atleta, da sempre, fin da bambina, quindi diciamo che lo sto realizzando”

“Il mio mondo sicuramente è il mondo dello sport, è la cosa che mi appassiona di più, sto bene dove sono, mi piacerebbe una volta che finisco la mia carriera da atleta arrivare ad alto livello anche come preparatore, magari nello staff tecnico, vediamo. Ovviamente il rugby è lo sport che preferisco, però mi piace anche allenare atleti di altri sport”

“Mi chiamo Margherita ho 20 anni e vivo a Padova, una delle mie più grandi passioni è stare con i bambini, tant’è che l’anno scorso come percorso universitario avevo intrapreso Scienze della Formazione Primaria, alle superiori ho fatto il Liceo delle Scienze Umane ad indirizzo economico sociale”

“Ho iniziato questo percorso per rendermi conto che non era la mia strada, quindi a Marzo dopo aver dato tutti gli esami che c’erano da dare, ho deciso di ricominciare gli studi, nel frattempo sempre in quel primo semestre ho iniziato ad allenare i bambini del Valsugana Rugby nell’under 7”

“Da qui mi è arrivata una possibilità lavorativa e tramite delle associazioni faccio il progetto «rugby nelle scuole», ho iniziato a lavorare perché per fatalità ho smesso di studiare e c’era bisogno. Ho iniziato appunto ad andare nelle scuole, anche all’asilo nido, scuola materna, elementare, media e ho capito che in realtà, l’educazione mi interessava ancora, però sotto il punto di vista sportivo. Ho deciso di fare il test d’ammissione a Scienze Motorie e l’ho superato, quindi adesso sono al primo anno ed è molto bello, mi piace proprio, penso che potrà aiutarmi a migliorare, visto che son giovane e ne ho ancora di strada da fare”

Sofia:

“Ho iniziato con il Valsugana che ero già seniores, nel rugby infatti, da quando hai compiuto 17 anni puoi giocare con le prime squadre e sotto ci sono le varie categorie di under… poi si è tutti insieme”

“Facevo atletica ancora ormai più di dieci anni fa, avevo 15/16 anni,  alle superiori si fanno quei cicli di attività sportive e un ragazzo del Valsugana è venuto a fare rugby. Quasi per caso sono venuta a provare qui e ho iniziato a giocare, avevo 17 anni quando ho iniziato. Sono stata in Francia cinque anni a giocare, mi sono laureata lì e poi sono tornata”

Il rugby è  stato un bel cambiamento rispetto all’atletica, anche perché non avevo mai fatto uno sport di squadra e infatti è stata, e lo è tutt’ora, una scoperta, un nuovo punto di vista”

“Dopo un anno che giocavo ho fatto un torneo europeo con la Nazionale e da lì sono sempre stata convocata, quello di quest’anno era il mio secondo mondiale, sono in Nazionale da 11 anni. Siamo appena tornate dalla Nuova Zelanda, dove siamo arrivate ai quarti di finale e siamo state la prima squadra italiana a farcela, sia maschile che femminile. Una bella soddisfazione, peccato, perché già che eravamo lì sarebbe stato bello arrivare fino in fondo, però siamo soddisfatte”

Margherita: 

“Io prima di giocare a rugby e facevo ginnastica ritmica, quindi tutt’altro sport, però mio papà era un ex rugbista, ha giocato per anni con varie squadre di Padova. Nel 2013 all’incirca è tornato a frequentare l’ambiente e ha cominciato ad andare a vedere le partite. Io le prime volte ho detto «beh non importa, non ci vado, non lo accompagno», poi ho cominciato a dargli fastidio perché mi portasse a vedere queste partite e alla fine mi ci sono andata”

Da lì è nata la passione: ero tutte le domeniche a tifare, tant’è che l’anno successivo ero la segnapunti in campo ed ero proprio di fianco alla panchina, vicino a questi ragazzi altissimi, che erano i miei idoli”

“Questa passione del guardare poi si è trasformata in una passione del «voglio provare, voglio provarci anch’io». L’ultimo anno di under 12, dopo aver insistito quasi un anno con mio padre, che non voleva che iniziassi a giocare (secondo me perché ero con i maschi all’inizio e aveva un po’ di paura per la diversità di forza), alla fin fine ho fatto un mesetto e mezzo con i maschi in un’altra squadra e contemporaneamente continuavo a fare ginnastica ritmica”

“Arrivavo ad allenamento di ginnastica con le botte, l’ultimo mio saggio l’ho fatto con le botte sulle gambe, ho lasciato a malincuore l’altro sport, però avevo voglia di cambiare ambiente  totalmente. A settembre del 2014 sono approdata al Valsugana perché fino all’ex under 12, attuale under 13, le squadre sono miste, ma poi, l’unica squadra femminile era qui”

Sofia: 

“Essere al Valsugana è bello, è sicuramente uno dei migliori posti in cui una ragazza che gioca può stare e la femminile viene valorizzata sotto tutti i punti di vista, a differenza di quello a cui si potrebbe pensare” 

“Non è scontato, anche perché comunque la squadra nasce massimo 15 anni fa e nasce come una squadra che non otteneva molte vittorie, si faceva fatica a vincere ma nel tempo lo staff e il club hanno contribuito a quello a cui siamo arrivate oggi, ovvero avere due squadre che competono nei due livelli che ci sono di campionato: due squadre femminili e una maschile senior, quindi, un caso più unico che raro, sicuramente”

“Abbiamo avuto un po’ la fortuna di unirci a un’altra realtà, che è quella di Vicenza, che era una realtà troppo piccola per competere in un campionato a 15 e abbiamo avuto qualche innesto da quelle ragazze con le nostre giovanili che salgono. Potrei sbagliarmi nei numeri, ma ti direi che più di 50 ragazze si allenano qui e per questo, appunto, riusciamo a fare due squadre e combattere in due campionati diversi, è un bel obiettivo” 

“Ci abbiamo messo qualche anno a raggiungere i risultati ma secondo me li riusciremo a mantenere nel tempo. Ovviamente grazie ai nostri risultati sicuramente è una realtà che attira le ragazze e l’auspicio è che possa portare anche altre squadre a creare qualcosa di simile. Nonostante l’espansione che c’è del movimento del rugby femminile, rimane la difficoltà di allargarsi così da renderlo anche più competitivo”

Margherita:

“Diciamo che il Valsugana mi ha cresciuto rugbysticamente, ho fatto il primo anno di under 14 e ad inizio stagione ero da sola, c’erano le ragazze più grandi dell’under 16 e la squadra seniores, però io così piccola ero da sola. Poi è arrivata un’altra mia amica, che lei adesso è arrivata al tetto del mondo, ha appena finito di giocare i mondiali. Essendo solo in due spesso ci prestavano ad altre squadre, io ho vissuto non solo l’esperienza di essere avversaria di molte ragazze, ma anche compagna di squadra… quindi nemiche in campo e amiche fuori”

“Io sono arrivata al Valsugana che la squadra seniores stava cominciando a vincere e io avevo questa smania di arrivarci, perché ho detto «che bello io sono qui, quindi un giorno potrò essere al loro posto o con loro a giocare» e adesso è così. È stato super bello perché ho coronato uno dei miei sogni a maggio scorso, perché ho giocato la finale di scudetto con loro”

“Da quest’anno ci sono due squadre, è una cosa recentissima, perché fondamentalmente in Federazione hanno deciso di creare due campionati: il campionato di Eccellenza, dove è iscritta la squadra campionessa d’Italia e il campionato di serie A”

Sofia:

Il primo mondiale è stato in Irlanda nel 2017 e in quel caso lì erano 17 o 18 anni che la Nazionale Italiana non si qualificava al mondiale, è stata un’esperienza diversa, ma bella. In questi 5 anni, Covid permettendo, siamo cresciute parecchio e infatti abbiamo ottenuto bei risultati”

“In Nazionale abbiamo almeno 5 partite l’anno tutte insieme, più vari test match o mondiali, come quest’anno. Vengono fatti dei raduni nei weekend perché non essendo professioniste tutte lavoriamo e poi quando ci sono gli appuntamenti delle partite, si gioca”

Essere in Nazionale fa sempre un bell’effetto, difficile descriverlo, però sicuramente comporta tanto impegno, tanto sacrificio, tanti compromessi, tante rinunce, ma la soddisfazione che hai nel momento in cui riesci a scendere in campo è impagabile e annulla immediatamente la fatica che hai fatto. Quest’anno l’abbiamo fatto in Nuova Zelanda, che è la terra del rugby, quindi cioè è sembrato davvero di essere nel posto giusto, al momento giusto” 

Le persone ci suonavano per strada perché giocavamo al mondiale, lì tutte le persone erano consapevoli di quello che stavamo facendo e dell’impatto che aveva sul rugby domestico loro e sulla popolazione. Lo stadio del giorno della finale, che è uno stadio che tiene 50.000 persone, era pieno, non so se in Italia succederebbe la stessa cosa. È stata una grande esperienza sportiva, poi fare risultato aiuta sicuramente, contribuisce alla bellezza del tutto” 

“Facciamo 10 allenamenti a settimana tra palestra e campo, spesso nello stesso giorno tutti e due, quasi sempre. Di solito per questione di tempo uniamo gli allenamenti: prima palestra e poi in campo, però si idealmente come dei professionisti. Mi auguro che nel futuro possa essere quello l’obiettivo, almeno per la Nazionale”

“Ci si fa male come in tutti gli sport fatti ad alto livello, ci sono degli infortuni più frequenti nel rugby come nella pallavolo, sono solo diversi. Non mi sento di dire che uno sport violento però mi sento di dire che deve piacere il contatto, altrimenti non ha senso. Di sicuro c’è spazio per tutti i tipi di atleti: c’è il ragazzo o la ragazza piccolina e magra che non diresti mai che gioca, come il gigante che invece è predisposto, però le caratteristiche dei ruoli sono talmente diverse che permettono a tutti di stare sullo stesso campo”

Margherita:

“Io non mi sono mai sentita giudicata perché gioco a rugby, anzi le persone mi ammirano, forse un po’ all’inizio, ma vabbè ma i ragazzetti sono un po’ così a 13 anni. Anzi adesso all’università mi dicono «ma che bello, io non ce la farei mai», ma anche ragazzi non solo ragazze”

“Secondo me il rugby non si esaurisce solo alla partita, c’è tutta la squadra dietro, è bellissimo perché si crea un po’ una famiglia, in cui bisogna entrare in punta dei piedi, ma poi quando ci entri bene le tue compagne di squadra sono anche le tue compagne di vita” 

“Il rugby è anche fuori dal campo: noi usciamo insieme 2 o 3 volte a settimana, il sabato pre partita andiamo tutti a mangiare la pizza ed è una tradizione che sto cercando di portare anche in serie A. Il venerdì sera all’ultimo magari ci fermiamo a berci qualcosa insieme per dire Capodanno dell’anno scorso l’abbiamo passato quasi tutte insieme e non si parla solo di rugby, trovi anche molti altri argomenti… condividi tutto quanto”

“Io ho sempre l’adrenalina dent­­ro e anche se mi sveglio male, se penso che devo giocare o anche solo allenarmi mi scatta una scintilla. Mi rende felice, mi viene proprio voglia di giocare, di mettere tutta me stessa e ogni tanto penso «ma come faccio a fare certe cose» e questo lo noto anche nelle mie compagne. Penso che sia una cosa che ci accomuni, perché veramente, al nostro livello, che non siamo professioniste, fai tutto per passione e questo è essenziale

“Mi alleno in palestra 4 o 5 volte a settimana, dipende un po’ dalla programmazione e in campo tre volte a settimana, quindi sono qui tutti i giorni. Oltre all’università alleno anche i bambini e oltre alle mie partite devo esserci anche per le loro, è tutto un incastro ma da molta soddisfazione”

Sofia:

Il Rugby è non contare solo su di sé, ma essere in tanti… e fa la differenza.” 

“Io sento parecchia pressione e ho imparato a gestirla anche attraverso gli altri ed è una bella cosa sicuramente, prendersi colpe e meriti tutti insieme. Avere l’impressione e la sensazione di essere in tanti a fare la stessa cosa, avere gli stessi obiettivi, creare complicità fa sentire molto bene”

“Non fa mai sentire soli il rugby: sono delle belle sensazioni e ho trovato anche molte soddisfazioni nel riuscire a trasmettere quello che io provo”

Margherita:

“Essere capitano significa essere un po’ il punto di riferimento di tutte, non solo in campo ma anche fuori.”

“Mi ricordo la prima partita, ad esempio, mi ha fatto stranissimo dover spiegare la routine che abbiamo di solito noi prima di entrare in campo: abbiamo le canzoni, quelli che saltano che si vanno a fasciare, poi vai a fare il riscaldamento con la maglia da riscaldamento, entri, ti cambi e metti la maglia da gioco, c’è il riconoscimento con l’arbitro, c’è il discorso dell’allenatore, poi la consegna maglie… per me erano cose scontate perché le ho imparate vedendole dalle altre. Questa volta invece io ero responsabile e anche se la squadra conosceva già l’ambiente, ero l’unica che sapeva questo punto di vista e poteva spiegare le cose”

“Penso che se fai quello che ti piace poi la fatica non la senti, per carità alcune domeniche arrivo che sono distrutta, però son contenta di quello che faccio, sia a livello di studio, che di sport, che di lavoro”

Per me il rugby è la mia valvola di sfogo, mi sfogo da tutto quello che c’è fuori, però secondo me in maniera positiva. Riesco a focalizzarmi sugli obiettivi che mi vengono messi o sulle richieste che ci vengono fatte durante gli allenamenti, durante le partite e in questo modo incanalo la tensione in qualcosa di fisico e mi libero”

È il mio posto felice, vedere un campo con l’H per me è bellissimo e mi si illuminano gli occhi ogni volta

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