“Under The Jolly Roger” non è solo lo pseudonimo attraverso il quale Veronica Gambilare divulga tutto il suo sapere sui pirati, ma è soprattutto il nome che identifica la bandiera più famosa di tutta la storia marinaresca, il Jolly Roger: la temibile bandiera dei pirati. Scordatevi tutto quello che avete visto romanzato nei film: la storia della pirateria è ancora molto poco conosciuta e grazie a Veronica è possibile scoprirne ogni giorno qualcosa di più!

“Mi chiamo Veronica Gambilare, sono di Montegrotto Terme. Mi sono laureata a Padova in Storia dell’Arte. Attualmente sto provando ad ottenere il dottorato – il cui tema è l’arte giapponese – e nel frattempo gestisco la mia pagina Instagram. Dato che le borse di dottorato vengono erogate una volta l’anno, mantengo – grazie ai miei studi sulla pirateria – sempre fresco e attivo il mio metodo di studio. Mi piace studiare e tenermi impegnata in questo campo. La mia pagina Instagram è nata nel 2019. Successivamente ho ampliato i miei canali social, aggiungendo Twitch, Facebook e TikTok. Ho iniziato questo percorso sui social quasi per gioco, ora invece è parte integrante della mia vita”
“Sono cresciuta ascoltando Edoardo Bennato – che ha sempre parlato molto di pirati nelle sue canzoni – guardando One Piece e leggendo Stevenson e Salgari: questi sono i pilastri che mi hanno condotta fino a dove sono ora”
“I miei primissimi ricordi sono legati al mare. Il mare è uno dei miei grandi amori. La passione per i pirati è nata quando avevo circa sei o sette anni. Solo successivamente, verso i quattordici anni, ho iniziato a studiarli seriamente. Devo ammettere che aver guardato “Pirati dei Caraibi” è stato il coronamento della mia passione: è un film che mi ha segnata nel profondo. Ovviamente bisogna sempre essere in grado di concepire la differenza tra il prodotto di natura artistica e quello di natura storica. Pirati dei Caraibi è un film, non un documentario”
“Il mio progetto vuole essere una descrizione divulgativa della storia della pirateria e della navigazione. Cerco di analizzare e raccontare questi due temi sia dal punto di vista storico che artistico, cercando di dare ai miei lettori e followers la visione più ampia e completa possibile. La maggior parte dei miei followers è composta da uomini, nello specifico dell’età che va tra i 20 e 40 anni. Le donne mi seguono di meno, spero che un giorno aumentino. Spero di riuscire ad attirare a questi temi un pubblico molto più ampio, perché credo che questo progetto divulgativo sia, in generale, molto importante. Sono stata aiutata a far crescere questo progetto da molti amanti della storia, ma anche dai miei amici. Mi piacerebbe che l’interesse per questi argomenti aumentasse molto: ritengo sia un tema davvero affascinante”
“Durante le dirette su Twitch approfondisco temi specifici. Uno di cui ho trattato e che mi attira molto è quello della pirateria giapponese che rimane una nicchia poco nota, anche se la pirateria ebbe dei risvolti davvero impressionanti nella storia di questo paese. Vorrei che si capisse che la pirateria non riguarda solo le isole e le acque cristalline dei Caraibi, come spesso immaginiamo. La pirateria esiste da sempre e non è nata in quel tipo di mari. La pirateria è nata quando l’uomo ha iniziato a commerciare nei tratti fluviali e marittimi. La definizione tecnica di “pirata” è colui che percorre il mare per assalire navi a proprio esclusivo beneficio“
“Dopo molte ricerche sono riuscita a scrivere un piccolo libro, composto a 4 mani, insieme a Tommaso Scandola, che è un bravissimo illustratore. Il libro si intitola “Pirati Italiani”! Data la scarsità delle fonti non siamo riusciti a ricostruire pienamente la storia della pirateria italiana, ma la vita di alcuni uomini italiani che scelsero di diventare dei pirati. Anche il Mediterraneo ha conosciuto una fase intensissima di pirateria, soprattutto nel XVI secolo, con i corsari barbareschi. Ci sono stati anche diversi pirati italiani operanti all’estero, ma le fonti si limitano ad una piccola citazione o ad un trafiletto di cronaca. Reperire le informazioni sulla pirateria è piuttosto difficile: il grande ostacolo è costituito fondamentalmente dal fatto che i pirati non lasciavano molti scritti. Le informazioni sono centellinate sia sui pirati dei Caraibi e dell’epoca d’oro, sia sui pirati in generale. I testi che trattano il tema piratesco sono veramente pochi. Io personalmente mi fido solo dei testi di saggistica, degli studiosi e degli articoli online che hanno una solida bibliografia. Sono pochi gli studiosi che trattano seriamente dell’epoca d’oro tuttavia, purtroppo, i loro libri, spesso non vengono tradotti in italiano. In Italia c’è una reale mancanza di testi a riguardo”
“I migliori libri che danno una delucidazione sul tema piratesco sono:
1.“Storia della Pirateria” di David Cordingly. Questo è uno dei testi più famosi e, benché abbia molti detrattori, continua ad essere uno dei testi più affidabili. È di facile lettura e scritto molto bene.
2. “Storia della Pirateria” di Philip Gosse. Questo libro è una pietra miliare del tema. È un libro un po’ datato ma molto preciso. Offre un inquadramento storico estremamente minuzioso e completo.
3. “Canaglie di tutto il mondo” di Markus Rediker. Lo scrittore di questo libro è uno dei massimi storici del tema e, in questo libro, ne tratta la componente sociale. Questo libro tratta esclusivamente dell’epoca d’oro. Negli anni che vanno dal 1714 al 1726 i pirati sono stati davvero molto attivi.
4. “Storia generale dei pirati” scritto dal Capitano Charles Johnson, una delle fonti più autorevoli in assoluto. Questo libro è del 1724, si tratta di una raccolta di biografie di pirati che vissero durante l’epoca d’oro e agirono tra Caraibi, America Settentrionale, Madagascar e Oceano Indiano. Almeno metà del sapere che oggi giunge a noi è il frutto del suo lavoro, anche se molti studiosi mettono seriamente in dubbio la veridicità del testo. Negli anni Trenta si pensava che “Charles Johnson” fosse in realtà lo pseudonimo dello scrittore Daniel Defoe. Questa voce è stata smentita solo successivamente”
“L’ideale estetico del pirata “classico” è una creazione fittizia, frutto delle svariate leggende che, poi, si rivelano essere delle bufale. Per esempio, non esistono tracce storiche che menzionino né la famosa benda sull’occhio, né i tesori custoditi dai pirati. La vera filosofia piratesca era animata da questo motto: “vita breve e allegra”. I pirati erano soliti depredare le navi e, insieme, si spartivano il bottino che veniva speso molto velocemente: già dal giorno seguente, della refurtiva non rimaneva pressoché nulla. Accumulare e custodire denaro era una pratica a loro aliena. Pochissimi pirati hanno effettivamente creato ricchezza accumulata – il cosiddetto tesoro. Non essendoci traccia di tesori nascosti, anche la leggenda della “mappa al tesoro” risulta completamente fasulla e inventata. La letteratura ha accresciuto la fama della pirateria ma, allo stesso tempo, ne ha edulcorato il ricordo. Sia Stevenson che Salgari, nei loro “L’isola del tesoro” e “I pirati della Malesia”, hanno romanzato e alterato la storia. Letteratura e cinema hanno dimenticato di trattare temi importanti riguardanti la pirateria e, allo stesso tempo, ne hanno enfatizzato gli aspetti sbagliati”
“Fino a pochi anni fa si credeva che la donna non potesse avere nulla a che fare con il mare dei pirati, che fossero assolutamente inconciliabili. Recenti studi dimostrano che, invece, le donne fossero più presenti di quello che si possa credere. Sembra che il pirata più potente della storia sia stata proprio una donna cinese, Ching Shih o Cheng I Sao. Questa donna arrivò a comandare circa 300 navi e tra i 20.000 e i 40.000 tra uomini, donne e bambini. Questi dati potrebbero essere stati gonfiati, tuttavia, anche se fossero dimezzati sarebbero comunque impressionanti. Sono numeri da capogiro se paragonati ad un qualsiasi pirata dell’epoca d’oro”
“Alcune ciurme di pirati dei Caraibi stilavano un proprio codice per regolamentare e organizzare la vita di bordo. Gli articoli venivano decisi da tutto l’equipaggio che votava ad alzata di mano. Non esisteva quindi un codice univoco per tutti i pirati. Il codice poteva anche venire modificato in itinere per diversi motivi”
“Secondo la teoria di Cordingly, i pirati erano perennemente ubriachi e, zigzagando per i mari, andavano alla ricerca di qualsiasi cosa potesse essere rubata. Le vittime venivano scelte a caso, salvo casi particolari. Sulle prime venivano utilizzate navi piccole e veloci, per poi essere sostituite da navi di dimensioni maggiori per contenere più uomini e armamenti possibili. In ogni caso rimane il fatto che i pirati dovevano sapersi arrangiare con le navi che riuscivano a trovare, quindi non era una regola”
“La pirateria cresceva di pari passo con la crescita dei commerci. Più intenso era il periodo di commercio, maggiore era la presenza di pirati. Tra il 1600 e il 1700 nei mari dei Caraibi c’era un flusso costante di navi: di conseguenza diventò il luogo di maggiore affluenza di pirati. Anche la geografia è un fattore molto importante: i Caraibi – così come Malesia e Filippine – sono composti da molte isole e insenature, ideali per nascondersi e scappare. La pirateria nei Caraibi si è conclusa all’incirca verso il 1730, spostandosi in Oriente. L’epoca d’oro della pirateria cinese coincide con gli anni in cui fu attiva Ching Shih, siamo nella prima metà del XIX secolo”
“Non è il caso di mitizzare ed edulcorare la figura del pirata: erano dei criminali sotto tutti i punti di vista”
“Sono stata ospitata in diverse scuole per parlare della pirateria. Mi piacerebbe continuare a tenere seminari e conferenze, come per esempio quella al Museo d’Arte Orientale di Venezia, dove ho discusso della pirateria asiatica. I miei prossimi viaggi hanno due destinazioni: mi piacerebbe moltissimo visitare l’isola di Sainte Marie, che può essere considerata come la Tortuga europea. La seconda meta è il Giappone dove, ancora oggi, si hanno moltissime tracce di pirateria”
“Spero di far diventare la mia passione un lavoro. Investo moltissimo in questo campo e spero che il tema diventi sempre più interessante anche per gli altri!”
